mercoledì 17 settembre 2014

Botticelli e le sue allegorie

SANDRO BOTTICELLI
AUTORITRATTO
Spirito arguto e irridente, terrorizzato dall’idea di prender moglie, amava la buona cucina e le allegre compagnie, figura bizzarra, protetto dai Medici ma attratto dal misticismo del Savonarola, trovò nell’arte il supremo equilibrio.
Entrato nella storia con un soprannome così radicato da far cadere nell’oblio il nome vero, Alessandro di Mariano Filipopi detto Botticelli, nasce a Firenze nel 1445.
A 18 anni è nella bottega di Filippo Lippi, entrando in contatto con i Medici, signori di Firenze, destinati ad esercitare un profondo e decisivo influsso su tutta la sua carriera d’artista. 
SANDRO BOTTICELLI
ALLEGORIA DELLA FORTEZZA


Nel 1470 risulta padrone di una bottega tutta sua e gli viene commissionata la sua prima opera pubblica, un quadro allegorico della Fortezza, dal Soderini, console dell’Arte di Mercatanzia, che agiva sotto pressione del Magnifico Lorenzo. 
Una  magistrale perizia tecnica e una perfetta padronanza del mestiere sono i segreti dell’eccellenza artistica del Botticelli: preparava tavole e tele con cura maniacale, stendendo gesso e caseina prima e un’imprimitura in chiaroscuro poi, incideva i contorni con una punta acuminata e usava tempera di colla di pesce e rosso d’uovo mescolate con terre di vari colori, dalla gamma praticamente infinita, e polvere di lapislazzuli per gli azzurri.

SANDRO BOTTICELLI - ADORAZIONE DEI MAGI
Nei suoi personaggi melanconici e assorti, esprime con la straordinaria eleganza della linea la fragilità dell’esistenza, l’incertezza del futuro e il timore della morte. Sandro respira  con ebbrezza l'atmosfera esaltante della cerchia medicea, tanto che la stessa Adorazione dei Magi si trasforma in una parata cortigianesca, con tre generazioni di Medici raccolte in ordine sparso ai piedi del Presepe. Solo una volta si allontanò da Firenze: andò a Roma chiamato dal Pontefice per affrescare alcune scene bibliche nella Cappella Sistina.
Non fu un'esperienza felice e ritornò in patria.

SANDRO BOTTICELLI - LA NASCITA DI VENERE - FIRENZE, GALLERIA DEGLI UFFIZI 
Per la villa di Castello dipinse la Nascita di Venere e la Primavera.  
La prima non è affatto una pagana esaltazione della bellezza femminile: tra i significati impliciti c’è anche la corrispondenza del mito della nascita di Venere dall’acqua del mare e dell’idea cristiana della nascita dell’anima dall’acqua del battesimo.
Il bello che Botticelli vuole esaltare è un bello spirituale e non fisico: la nudità di Venere è semplicità e purezza, è pudica e composta. E' talmente bella che non si nota l'innaturale lunghezza del collo, le spalle spioventi o lo strano modo con cui il braccio sinistro è raccordato al corpo.
O meglio: tutte queste libertà che Botticelli si prese, accrescono la bellezza e l'armonia del disegno, perché accentuano l'impressione di un essere infinitamente tenero e delicato, spinto a riva come un dono del cielo.


SANDRO BOTTICELLI - LA PRIMAVERA - FIRENZE, GALLERIA DEGLI UFFIZI

I significati allegorici della Primavera sono vari e complessi: a destra Zefiro, il vento della buona stagione che insegue e possiede Clori, ossia la terra sterile, e la trasforma nella lussureggiante Flora, che è il simbolo della primavera stessa.
Al centro domina su tutti  Venere, il cui atteggiamento casto e composto fa chiaramente capire come non rappresenti qui l'amore carnale ma quella suprema armonia di bellezza e virtù vagheggiata dagli umanisti. E ancora. Le tre Grazie intrecciano una danza, forse a simboleggiare l'esultanza della natura per il ritorno alla buona stagione, mentre Mercurio solleva la bacchetta per dissipare le ultime nubi: un gesto che allude all'amore terreno, che deve innalzarsi all'amore divino.
Ma per scrutare il mistero e ricercare la chiave della Primavera la strada è ancora lunga.
Ma intanto il clima politico era cambiato, assumendo i tratti aquilini, gli occhi accesi e le guance scavate di un predicatore domenicano in fama di santità: fra Gerolamo Savonarola. Le sue orazioni incendiarie divennero l’argomento del giorno, seminando inquietudine e dissensi e Botticelli ne risentì un forte turbamento interiore.
Con il passare degli anni e il precipitare degli eventi – la morte di Lorenzo, il martirio del Savonarola, il declino della borghesia e le prime avvisaglie della Riforma – la sua ansia diventa angoscia, solitudine, disperazione.
Muore il 17 maggio 1510. Vuole essere sepolto nella chiesa di Ognisanti nella tomba di famiglia, con l’iscrizione ’Sepolcro di Mariano Filipepi e dei suoi’.
Di sé e della sua gloria neppure una parola.

1 commento:

  1. vorrei sapere come sia stato possibile per Botticelli, arrivare a dipingere figure femminili pagane, spesso denudate, in un’epoca nella quale ancora era forte il condizionamento religioso.

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