venerdì 12 maggio 2017

Giorgio Morandi: il solitario della pittura

Giorgio Morandi
Un solitario.
Solitario senza volerlo, solitario suo malgrado.
La biografia senza eventi di Giorgio Morandi, come quella che per scelta e destino capitò anche al suo nume  Paul Cézanne, aiuta a capire la sua pittura e il suo essere il maggiore pittore italiano del secolo.
E’ una domenica il 20 luglio del 1890 quando Giorgio nasce in Via Lame a Bologna e dove abita i primi due anni di vita per poi traslocare al numero 20 di Via Avesella. Fin da quando era molto giovane, Giorgio dimostra una notevole predisposizione per la pittura, sicché convince i parenti a iscriverlo all’Accademia di Belle Arti. E’ il 1907.
Barattoli di pigmenti 
 Bologna, casa di Giorgio Morandi
Gli studi proseguono bene, nonostante i ripetuti contrasti con i professori, per la sua voglia di seguire i suoi idoli, vale a dire Paul Cézanne in primis, Henry Rousseau e Pablo Picasso. Però ama anche Paolo Uccello, Masaccio e  Giotto.
Quasi ventenne, la famiglia si sposta in una casa di Via Fondazza a causa della morte del padre e Giorgio diventa così il capo della sua famiglia della piccola borghesia: la madre, Maria Maccaferri, e le sorelle Anna, Dina e Maria Teresa.
In quella casa, Giorgio Morandi ha vissuto dal 1910 fino alla sua morte. E’ un microcosmo a cui non manca nulla per entrare a far parte del mondo morandiano e che nella sua semplicità diventa il suo macrocosmo fatto di arte e creazione. Ammetto che la pittura di Morandi non è tra le mie preferite: mi lascia in uno stato di infinita tristezza per la mancanza di colori, per un guizzo di fantasia lasciato volutamente nel pennello, per la ripetitività che rasenta la maniacalità dei suoi soggetti, eppure ho voluto vedere le case dove ha abitato per cercare di capirne i motivi.
Delle varie stanze della casa di Bologna, lo studio di Giorgio è senz’altro quella che maggiormente colpisce perché si riesce a toccare l’atmosfera, semplice e austera, che lui viveva quando vi lavorava, giorno e notte, per creare le sue tele, le incisioni o i disegni.
Bottiglie - Bologna, casa di Giorgio Morandi
L'arredo è ancora originale: il  letto, il cavalletto in legno da disegno, l'orologio  e l’acquasantiera, ci sono le brocche, i bicchieri, le rose di seta, i barattoli di vernici e colori, gli stracci appallottolati ancora impregnati di colore, le puntine da disegno, i pennelli che permettono di vivere le sue stesse emozioni nei minimi particolari. E ancora sul tavolo da lavoro si vedono ancora gli spostamenti degli oggetti protagonisti delle sue nature morte che lui registrava in maniera maniacale per ottenere diversi riflessi e diverse composizioni. Ma si vedono anche le pennellate che lui faceva sui muri.
Vasi
Grizzana, casa di Giorgio Morandi
Nel 1913 finalmente arriva il diploma e le prime mostre, all’hotel Baglioni di Bologna e successivamente a Roma nella galleria Sprovieri con il gruppo futurista.
Durante la prima guerra mondiale inizia la sua fase metafisica e quella delle nature morte, le sue opere più celebri. Dal punto di vista stilistico nei dipinti di questo periodo si nota come Morandi caratterizzasse un disegno rigorosamente geometrico con ombre scandite.
La sua vita è sempre e costantemente a Bologna, da dove si sposta solo per andare a Grizzana nella casa di campagna durante i mesi caldi. Era il 1931 quando la sorella di Giorgio, Anna, si ammalò e, su consiglio del medico, la famiglia dovette cercare un luogo dove ci fosse aria salubre. Andarono perciò a Grizzana, il cui toponimo nel 1985 fu modificato aggiungendo il cognome Morandi proprio per i lunghi mesi che l’artista passò qui, dove i signori Veggetti, amici e vicini di casa a Bologna dei Morandi, li invitarono. Da allora, ogni anno, da giugno a settembre quando le scuole erano chiuse, i Morandi, andarono nel paesello appenninico in villeggiatura. Alla fine degli anni ’50 la famiglia comprò un terreno su cui edificarono questa casetta.
Grizzana era per Morandi quel che significava Arles per Van Gogh o l’Estanque per Cézanne, cioè luoghi imprescindibili per la storia dell’arte moderna.
Entrare in casa Morandi è come tornare indietro di quarant’anni: è stato tutto lasciato com’era, compresa la bottiglia già aperta di Biancosarti o quella dell’aceto in cucina.
Grizzana Morandi - Studio di Giorgio Morandi
Nella stanza dove dormiva Giorgio sotto il materasso c’è ancora una lastra pronta per essere incisa, mentre nei cassetti della scrivania si conservano i suoi pennelli, alcuni con le setole frastagliate per un effetto particolare, i colori a olio della Windsor & Newton, che arrivavano da Londra, libri, tra cui due su Masaccio e Giotto, un portamonete e le sigarette. Nello studio gli oggetti dell’artista, colori, pennelli, tele e telai, stracci ancora pieni di colore, il cavalletto da passeggio con la borsa per i colori e per i pennelli e il cavalletto da studio, pigmenti tritati conservati dentro un pezzetto di giornale, caffettiere, vasi, bugie portacandele, fiori finti, brocche, bicchieri che facevano da ‘modelli’ per le sue silenti nature morte, oltre ai barattoli di Ovomaltina che lui poi rielaborava. In quella stanza Morandi dipinse molti paesaggi che riusciva a vedere guardando fuori della finestra.
Dagli anni venti del secolo scorso, Morandi concentra la sua ricerca su pochissimi oggetti anche modesti - bottiglie, bicchieri, piatti, manichini, palle – completamente rielaborati e approfonditi.
Giorgio Morandi - Natura morta - 1929 - Rovereto, Mart
Le sue composizioni di nature morte esprimono con abbagliante chiarezza il concetto di vuoto, di silenzio che regola tutto il gruppo dei pittori futuristi. Il lavoro paziente e solitario di Morandi produce risultati di austero controllo e insieme di una nota di toccante lirismo e di malinconia.
Mi viene in mente un pensiero: forse Morandi ha cercato l'universo in piccole cose di  nessun valore, tantomeno estetico, proprio per far sì che le sue ricerche artistiche fossero un modello che si potesse applicare a qualunque cosa, avendo studiato e ristudiato il senso delle ombre, del vuoto, del pieno, del chiaro e dello scuro.
In molte delle sue opere del periodo metafisico gli oggetti vengono isolati dentro scatole entro le quali alcune forme galleggiano come se fosse stato realizzato il vuoto pneumatico.
Per vivere, lavora come insegnante di disegno nelle scuole ma nel febbraio del 1930 ottiene  ‘per chiara fama’ e ‘senza concorso’  la cattedra di incisione all’Accademia. Uno bello smacco per i suoi antichi insegnanti, non c’è che dire. Rimarrà docente fino al 1956. Espone anche alla Biennale di Venezia e alla Quadriennale di Roma, dove nel 1939 ha una sala tutta per sé con più di quaranta tele, oltre a disegni e acqueforti esposti. A Grizzana, dove rimarrà in qualità di sfollato per tutto il secondo conflitto, inizia  la grande stagione dei paesaggi e alla fine della guerra è considerato uno dei maestri più importanti del secolo.
Giorgio Morandi - Paesaggio - 1927  - Rovereto, Mart
Il processo creativo di Morandi prescinde sostanzialmente dalla ricerca di nuovi temi: si tratta di una speculazione intellettuale tutta interiore, che analizza la consistenza, il ritmo, i contorni, i riflessi, i delicati toni cromatici degli oggetti in una pazientissima meditazione.
Le forme progressivamente si sfaldano, le pennellate sono sempre più larghe e pastose, i contorni si fanno pastosi ed evanescenti fino a che la sua pittura giunge a perdersi dentro fondali neutri.
Giorgio è malato e dopo lunghe sofferenze, muore giovedì 18 giugno 1964.
Riposa nel cimitero monumentale della Certosa di Bologna, la sua amata città che mai lasciò.

domenica 7 maggio 2017

Rodolfo Siviero: lo 007 eroe dell'arte

RODOLFO SIVIERO CON UNA SCULTURA RECUPERATA
L’agente dei servizi segreti italiani che nel corso della sua vita ha riportato in Italia le opere d’arte che erano state trafugate non solo dai gerarchi nazisti durante la seconda guerra mondiale, ma anche da trafficanti d’arte che lavoravano al mercato nero, nasce domenica 24 dicembre 1911 a Guardistello, in provincia di Pisa.
Frequenta l’Università di Firenze per diventare critico d’arte, quindi  entra giovanissimo nel servizio segreto fascista, come addetto alle Informazioni Militari.
Ma la sua vita cambiò radicalmente dopo l’8 settembre 1943, quando i nazisti iniziarono a razziare gran parte delle opere d’arte conservate in collezioni private o nei musei italiani per portarle in Germania, dove venivano cedute ad Hitler o ai suoi collaboratori più fedeli.
Diventa così lo 007 dell’arte.
Tutto era cominciato nel 1938, quando Mussolini, incurante dei trattati di pace tra Italia e Germania, regalò a Hitler il Discobolo Lancellotti, una copia romana dell’omonima statua greca di Mirone.  E quando Hermann Göring, uno dei più famosi federmarescialli dei Reich, ordinò nel 1943 di depredare tutto quello che si poteva dalle pinacoteche e musei italiani, il governo cercò in tutti i modi di impedire l’inevitabile, ma senza successo.
RODOLFO SIVIERO CON LA RECUPERATA
LEDA E IL CIGNO DI TINTORETTO
Dopo l’8 settembre del 1943, si schiera al fianco della Resistenza, adoperandosi per impedire le razzie di stampo nazista di opere d'arte, fino ad essere torturato nella famigerata Villa Triste in via Bolognese ma resiste grazie all’interessamento di alcuni ufficiali repubblichini, che in realtà collaboravano con gli alleati, e viene rilasciato. La sua casa diventa la centrale operativa dei partigiani contro l'operazione Kunstschutz, il corpo militare tedesco che requisiva le opere italiane per trasportarle in Germania.  Dopo che il 30 settembre 1943 quando venne incendiato l’archivio storico di Napoli e venne fatta saltare in aria la Torre di Minturno, uno dei musei archeologici più importanti d’Italia, Siviero decise di intervenire e, con l’aiuto di alcuni  antifascisti, riuscì ad salvare gran parte delle opere d’arte che rischiavano di andare all’estero, tra cui  L’Annunciazione del Beato Angelico a Firenze nel 1944.
RODOLFO SIVIERO CON UN DIPINTO
RECUPERATO DI PONTORMO
Nel frattempo la situazione precipitò, tanto che il 4 ottobre del 1943 Göring fece saccheggiare l’Abbazia di Montecassino, mentre nel 1944 arrivarono in Germania 262 opere d’arte degli Uffizi di Firenze. Solo alla fine della guerra, nel 1947, Siviero riuscì a ritrovare tutti questi capolavori nella miniera di sale di Altaussee, in Austria, dove erano stati nascosti per sicurezza. Da quel momento in poi il giovane agente continuò a lottare per ritrovare e salvare le opere d’arte scomparse, anche se dovette vedersela con problemi burocratici e non. Uno dei suoi interventi più noti fu nel 1968 quando, con l’aiuto della polizia guidata da Ugo Macera, riuscì, forse anche con metodi poco ortodossi, a recuperare l’Efebo di Selinunte, che era stato rubato dalla mafia nel 1962 dal municipio di Castelvetrano.
L’ultimo regalo di Siviero all’Italia fu nel 1983, poco prima della sua morte, quando redasse una lista di ben 2.500 opere d’arte italiane ancora da ritrovare.
Rodolfo Siviero ci lascia il 26 ottobre del 1983 e chiese di essere sepolto in una tomba anonima, senza nome. Presso la Cappella della Santissima Annunziata, nel cuore antico di Firenze, accanto alle tombe di grandi artisti come Pontorno, Benedetto Cellini e Jacopo Sansovino, si trova una lapide senza nome e senza iscrizione e in quel loculo riposa Rodolfo Siviero, un eroe quasi dimenticato ma che senza il quale l’Italia sarebbe senz’altro più triste e con molta bellezza in meno.
CASA MUSEO DI RODOLFO SIVIERO 
 FIRENZE
Per ricordare questo grande eroe quasi sconosciuto a molti, consiglio vivamente di andare a visitare la sua casa museo a Firenze, in Lungarno Serristori 1/3 – tel. 055.2345219 - nei gironi di sabato (10,00-18,00), domenica e lunedì  (10,00-13,00) e avrete la simpatica scoperta che l'ingresso è gratuito.
Lo 007 dell'arte non solo fece rientrare nel nostro paese le opere esportate illegalmente dai gerarchi nazisti, ma, da collezionista appassionato e colto qual era, riempì la sua casa fiorentina di Lungarno Serristori di opere d'arte antiche, insieme a quadri e disegni di importanti artisti italiani moderni.
CASA MUSEO DI RODOLFO SIVIERO
FIRENZE, STUDIO BIBLIOTECA
Al momento della sua morte, Siviero lasciò in eredità alla Regione Toscana la casa fiorentina perché gli oggetti in essa contenuti – quadri, sculture, argenti, mobili, tappeti -  diventassero un museo: il visitatore può così ammirare l'ampia raccolta di reperti etruschi, busti romani, statue lignee trecentesche e quattrocentesche, dipinti fondo oro, rinascimentali e barocchi, bronzetti, terracotte, suppellettili liturgiche e splendidi mobili oltre anche a un nucleo di opere di artisti italiani moderni come Giorgio De Chirico, Giacomo Manzù, Ardengo Soffici e Pietro Annigoni, ai quali era legato da rapporti di amicizia.
Un esempio per tutti: la camera da letto di Rodolfo, con una splendida piccola cassapanca ai piedi del letto e un magnifico armadio dipinto contenente reperti archeologici, poltrone Savonarola e tappeti.
Essere riuscito ad affermarsi nel mondo della cultura grazie al recupero di capolavori inestimabili genera in Siviero una nuova ambizione, quella di passare alla storia non solo come l’agente segreto dell’arte, ma anche come un uomo di cultura e mecenate dell'arte  e arreda la propria casa con oggetti d'arte che poi donerà a Firenze per arricchire il patrimonio culturale. In tutto sono 1400 le opere ospitate da Casa Siviero, 500 quelle esposte al pubblico al piano terra della palazzina. La collezione più importante è rappresentata dal nucleo di opere di Giorgio de Chirico, che si spiega con l'amicizia che legava i due, ma principalmente con il fatto che negli anni Venti de Chirico abitò ed operò nella casa ospite di Giorgio Castelfranco che di de Chirico fu mecenate e promotore culturale e commerciale.
CASA MUSEO DI RODOLFO SIVIERO
FIRENZE, CAMERA DA LETTO 
La casa fu poi acquistata da Siviero e le opere furono in parte donate a Siviero dall'artista e in parte acquistate nel periodo postbellico.
L'opera più significativa è l'Autoritratto in costume da torero, del 1941, che inaugura la serie degli autoritratti in costume dell'artista.
Ma altrettanto significativa è la presenza di mobili, arredi e dipinti antichi, risalenti al periodo tardo Medioevo–inizio Rinascimento, tra cui è da segnalare il frammento di polittico di Bicci di Lorenzo, o della sua cerchia, dell'inizio del Quattrocento.
E dopo essere stati in casa sua, non potrete che sentire verso questo indimenticato e indimenticabile personaggio una gratitudine davvero importante, perché l'arte è vita e la vita senza l'arte è davvero triste, anzi, è di più: è squallida.

http://www.carabinieri.it/cittadino/tutela/patrimonio-culturale/introduzione