lunedì 29 settembre 2014

Speculazioni in nome di Caravaggio e Leonardo

OTTAVIO LEONI
RITRATTO DI CARAVAGGIO
La domanda sorge spontanea: perché?
Sì, perché buttare al vento 109.755 euro di soldi pubblici, quindi dei contribuenti, per realizzare una mega tomba, orribile davvero, per riporvi le ossa che non sono di Caravaggio?
Se fosse lui, una tale somma ci starebbe tutta, fosse solo per dirgli grazie per quel che ci ha lasciato.
Ma di sicuro quei poveri resti, trovati per caso a Porto Ercole, non sono del genio lombardo celeberrimo in tutto il pianeta.
Un’operazione portata avanti da tal Silvano Vinceti, presidente di una società privata che si occupa del  ‘marketing del nostro patrimonio culturale’.
Quindi non uno storico dell’arte, non un archeologo e nemmeno un anatomo patologo.
Costui, amico di Denis Verdini e Cesare Previti – sul cui brigantino ‘Barbarossa’ ha portato le ossa a Porto Ercole dentro un'urna di plexiglass – si dichiara “dedito ai misteri del passato”.
LE OSSA TROVATE
Comunque: dalle analisi del dna del femore risulterebbe una compatibilità dell’85% con qualche persona che ha Merisi come cognome, lo stesso di Caravaggio. Ma nulla di scientifico: l’Università di Napoli afferma che tale percentuale è la stessa che c’è fra un uomo e uno scimpanzé. Tanto è vero che in nessuna rivista scientifica c’è traccia di questi studi e risultati.
Non solo.
PROGETTO DEL MAUSOLEO DI CARAVAGGIO
L’inaugurazione del mausoleo, perché di quello si tratta, con una riproduzione del Canestro di frutta in cima, è avvenuta il 18 luglio, a 404 anni esatti dalla morte del povero Caravaggio, solo e disperato, sulla spiaggia dell’ameno paesino dell’Argentario, con gran dispiego di giornalisti e televisioni.
E il sindaco s'è pure lamentato che il genio sia morto di luglio, quando i turisti già ci sono.
Insomma, era meglio se moriva in novembre. Turisticamente parlando, s'intende.
Ma serviva davvero questa buffonata costosissima per tumulare qualche ossa di uno sconosciuto che non ha nulla a che fare con l’ artista che da solo, vestito spesso di stracci, ha rivoluzionato la pittura?
Ma non è finita qui.
Sempre lui, sempre Vinceti, è colui che ha scandagliato il complesso di Sant’Orsola a Firenze, nel cuore della città, per trovare le spoglie mortali di Lisa Gherardini, moglie di Francesco Bartolomeo del Giocondo, ovvero la signora che dovrebbe essere il volto della Gioconda. 
LEONARDO DA VINCI
LA GIOCONDA
A parte che ancora oggi non si ha certezza che sia lei, anzi, ma anche fosse, cosa aggiungerebbe allo splendore di tal quadro?
Non è certamente la vera identità della signora a essere ammirata da tutti, ma la pittura di Leonardo, la sua invenzione del paesaggio, le sue pennellate microscopiche, la sua cromia perfetta.
Tant’è.
Altri soldi pubblici, altra pubblicità a un personaggio che di arte e similari non sa nulla, altre rivelazioni eclatanti ma mai pubblicate da nessuna parte.
La provincia di Firenze nel 2012 aveva stanziato ben 140.000 euro per le ricerche della signora. Forse il perché sta qui? 
Ad ogni buon conto, la donna del ritratto più famoso del mondo, come ipotizzato dal professor Roberto Zapperi, che su questo argomento ha scritto anche un libro, potrebbe essere tal Federica Brandani, popolana di Urbino, che Giuliano de’ Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico e fratello del futuro papa Leone X, conobbe quando fu invitato nella  corte marchigiana da Elisabetta Gonzaga.
E’ infatti documentato che il ritratto fu commissionato a Leonardo da Vinci proprio da Giuliano, uomo colto e affascinante, amante delle belle donne a cui non sapeva proprio resistere. Senza entrare nei dettagli per non violare la privacy dei due amanti, nel 1511 nasce Ippolito ma la poverina muore di parto.

RAFFAELLO
RITRATTO DI GIULIANO DE' MEDICI
Il piccolo cresce, il celebre padre a un certo punto lo riconosce, lo prende con sé e lo porta a Roma.
Ma la creatura piange e si dispera, vuol sapere che faccia aveva la sua mamma.
Così, papà Giuliano, chiede a Leonardo, anche lui a Roma in quegli anni, di fare un ritratto della defunta e lui accetta.
Un ritratto immaginario, giusto per far contento il piccolino.
Ma Giuliano muore e il quadro non è ancora finito. Leonardo, conclusa l’opera, la porta con sé ad Amboise, dove lo venderà nel 1516 a  Francesco I, re di Francia.
La Gioconda poi passerà nelle collezioni di Luigi XIV e quindi al Louvre, dove risiede stabilmente ben protetta da un vetro anti proiettile, e dove è diventata l’icona artistica dell’Italia.
Quella sana, geniale, creativa e intelligente, non quella di un imbonitore da fiera.

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