sabato 9 maggio 2015

Le mani: lo specchio dell'anima

AUGUSTE RODIN - IL PENSATORE - 1902
BRONZO - PARIGI, MUSEO RODIN
Ci sono mani, piccole mani autonome che hanno vita.
Mani che si levano, irritate e rabbiose, mani le cui cinque dita sembrano abbaiare come le cinque gole di un molosso infernale.
Mani che camminano, che dormono, mani che si ridestano, mani delittuoso e che si sono accasciate in qualche angolo come animali malati e sanno che nessuno verrà loro in aiuto.
Ma le mani sono pur sempre un organismo complesso, un delta in cui molta vita confluisce da lontani origini per riversarsi nella grande corrente dell’azione.
Le mani hanno una storia, una cultura, una particolare bellezza, si concede loro il diritto di avere un proprio sviluppo, propri desideri, sentimenti, capricci e passioni”.
Così scriveva Rainer Maria Rilker (1875-1926) perchè le mani, forse ancor più degli occhi, sono lo specchio dell’anima.
Quelle appendici del nostro corpo, che siano affusolate, paffutelle o bruttine, dicono di noi e dei nostri sentimenti più di quanto si possa immaginare.
PITTURE RUPESTRI  - 40.000 ANNI FA
SPAGNA, GROTTE EL CASTILLO
Le nostre mani, e soprattutto le nostre dita, cambiano continuamente di tensione e di  posizione sia quando agiamo sia quando parliamo.
Articolazioni che riescono a generare ogni tipo di emozione o sentimento: paura, amore, ribrezzo, violenza, sottomissione, abbandono, aggressione, passione, sgomento, pace, sorpresa, desiderio, bisogno di sicurezza, disperazione.
E gli artisti ben lo sapevano, tanto che ne hanno fatto spesso il fulcro dei loro quadri, il centro visivo della scena.

L'ARRINGATORE
FINE II/INIZIO III SECOLO A.C
FIRENZE, MUSEO ARCHEOLOGICO
E’ dai tempi preistorici che le mani rappresentano quello che gli uomini hanno voluto lasciare come traccia del loro essere sulla terra.
Le pitture rupestri in Spagna di 40.000 anni fa ne sono un esempio fantastico.
Andando avanti con la storia, la scultura dell’Arringatore, ha nella mano destra, più grande dell’altra, il suo punto di forza, quel particolare da cui viene attratta l’attenzione.
L’artista anonimo l’ha voluta alzata a e aperta per intimare il silenzio e farsi ascoltare.
Quale altro gesto poteva essere così esplicito?
E in epoca bizantina, il Cristo benedicente, che sia una scultura o un dipinto poco importa, è un Cristo che per dare la benedizione lo fa con un gesto che più esplicito non si può: le due dita alzate, con un gesto forte, inequivocabile.
Per arrivare in tempi meno antichi, come non si fa a pensare al ritratto di Jacopo Strada di Tiziano? 
Lui, antiquario e collezionista, con le sue mani bene in vista tiene ben stretto il suo gioiello, una scultura antica, e lo fa con tale delicatezza che invece che marmo si ha l’impressione che la donna scolpita sia un’opera di cristallo.
TIZIANO VECELLIO - 1567
RITRATTO DI JACOPO STRADA
VIENNA, KUNSTHISTORISCHES MUSEUM
Che dire poi del florilegio delle 130 dita che appaiono nel Cenacolo di Leonardo, tutte dipinte attraverso il  gioco di sguardi dei protagonisti di quella cena che cambiò la vita del mondo?
Dopo tre giorni Gesù fu crocifisso, morì e fu avvolto in un lenzuolo, così raccontano  i Vangeli.
E sarà ancora aperta per poco la visione della Sacra Sindone a Torino: milioni di persone da tutto il mondo per vedere  quel lungo lenzuolo che, ci si creda o no, porta a tutti un’emozione indicibile nel guardare un uomo che subì tali violenze.
E le sue mani, incrociate, con i segni del sangue, esanime ed immobili, provocano una pietà struggente, forse proprio quella pietà di cui ora ci sarebbe proprio tanto bisogno.
Le mani sono loquacissime, lingue le dita, clamoroso il silenzio”.
E' quanto scriveva Aurelio Cassiodoro nel VI secolo dopo Cristo.
E come aveva ragione!
Possiamo guardare tanti dipinti, affreschi o sculture, sacre o profane non importa, ma le mani, tenere come quelle delle Madonne che stringono il bambino o folli come quelle dei dipinti di Van Gogh o Ligabue, sono sempre quel qualcosa in più che fa di un dipinto un capolavoro, o, al contrario, un opera inutile.
JACQUES-LOUIS DAVID - 1793
LA MORTE DI MARAT - PARTICOLARE
BRUXELLES, MUSEO REALE DELLE BELLE ARTI
 
E la mano esanime nella Morte di Marat dipinta da Jacques-Louis David?
Fu accoltellato da una donna, Charlotte Corday.
Ma quella mano, che ancora tiene la penna con cui scrisse la lettera tenuta nell’altra mano, ha fatto rabbrividire chiunque abbia visto il quadro, anche solo in fotografia.
E’ un quadro che raffigura la morte, in una drammatica solitudine che esplode in tutta la sua angoscia, e le mani sono le assolute protagoniste.
Nella danza balinese, attraverso la posizione delle dita, della mano e del polso, posizione che può essere keras (forte) o manis (delicato), tutto il corpo parla attraverso di loro, per esprimere sentimenti, che in qualsiasi continente siano, sempre esprimono l'idea della vita,  nel bene e nel male.

Mani che con i loro gesti fanno infuriare o intenerire, accendere di passione o di odio, illanguidire o intimorire, spaventare o tranquillizzare.
Ma mai lasciano indifferenti.
Come l'arte.

2 commenti:

  1. Risposte
    1. Grazie Francesco, l'ho scritto in dieci minuti. Le emozioni che si sentono escono fuori in velocità.

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