mercoledì 12 novembre 2014

Eduard Manet, il quotidiano straordinario

 
MANET - LA FAMIGLIA MANET IN GIARDINO - 1874
NEW YORK, METROPOLITAN MUSEUM
Quando si cominciò a parlare di lui a Parigi, Éduard Manet non aveva ancora trent’anni.
Brillante conversatore, amante della musica, amico di letterati pur non essendo quello che comunemente si definisce un intellettuale, il sorridente arguto e mondano personaggio dalla barba bionda, era nato il 23 gennaio 1832 al n. 5 di rue des Petits-Augustins, proprio di fronte al Louvre.
Già al collegio Rollin dove studiò, Éduard si distingue per la disposizione al disegno e per la sua abilità nello schizzare i ritratti dei compagni.
Nell’atelier dell’accademico Thomas Couture, dove rimane dal 1850 al 1855, si compie la sua vera educazione artistica, nonostante violentissimi scontri col maestro. 
MANET - MUSICA ALLE TUILERIES - 1860
LONDRA, NATIONAL GALLERY
Il problema spaziale, posto tradizionalmente in termini di chiaroscuro e di prospettiva, lo risolve con il riferimento all’arte giapponese, basata sulle forme bidimensionali definite dal contorno.
La scelta del soggetto di vita quotidiana delle prime opere trattate con vera sicurezza, gli fu ispirata dall’amico Charles Baudelaire, come Musica alle Tuileries del 1860, dove sotto gli alberi ritrae una folla colorata e festosa.
È il primo interessante tentativo di rendere con vivacità e immediatezza il clima della vita contemporanea in un ambiente all’aria aperta e per dare animazione e movimento alla scena, non esita a sacrificare il particolare a favore della totalità dell’impressione. 
MANET - LOLA DI VALENZA - 1862
PARIGI, MUSEO D'ORSAY
Dopo un primo successo al Salon del 1861 con Chitarrista spagnolo, la pittura di Manet suscita negli anni seguenti un continuo scandalo negli ambienti ufficiali, divenendo oggetto per la critica benpensante di polemiche astiose che lo amareggiarono moltissimo.
Dopo i quadri ispirati da una compagnia di ballerini spagnoli, tra cui Lola di Valenza, definita da Baudelaire un “gioiello rosa e nero”, nel 1863, oltre a sposare Susanne Leenhoff, realizzò le due grandi opere da cui è solito far iniziare la pittura moderna: Le dèjeuner sur l’herbe e Olympia, quadri di cui ho scritto in un altro articolo del sito.
Negli anni seguenti compose nature morte che testimoniano della sua delicatezza nel dosare gli accordi cromatici, della maestria con cui sapeva armonizzare i neri, i grigi, i bianchi, riducendo al minimo il chiaroscuro così da ottenere un colore intenso e un sorprendente risalto delle immagini.
MANET - LA FERROVIA - 1873
WADHINGTON, NATIONAL GALLERY
L’evoluzione in senso impressionista si compì dopo il 1873, ma l’interesse di Manet restò sempre legato alla figura.
Di quell’anno è La ferrovia, novità di cui era entusiasta e considerava un magnifico spettacolo.  
Si dimostrò però quanto mai discreto in questa tela che la celebra: attraverso la nuvola di vapore, le rotaie e i segnali che si intravedono appena, la presenza del treno è intuibile solo dall’immobilità sognante della bambina che guarda attraverso la cancellata, limpida e delicata figuretta sul cui abito la luce crea seriche trasparenze.
Sugli innumerevoli schizzi e abbozzi tratti dalle osservazioni quotidiane nascono capolavori come Nanà, Cameriera di birreria, Il bar delle Folies-Bergère. 
MANET - IL BAR DELLE FOLIES-BERGERE - 1882
LONDRA, COURTAULD GALLERY
Manet eseguì molti ritratti di amici o conoscenti occasionali, a olio o a pastello,  cogliendo sempre i modelli con immediatezza e con rara prenotazione psicologica, come Émile Zola e Stèphane Mallarmè.
Éduard muore a Parigi nel 1883 e ai suoi funerali parteciparono pittori, scrittori, rappresentanti del governo e perfino un picchetto d’onore dell’esercito.
Era più grande di quanto pensassimo” commentò Degas al cimitero di Passy.

domenica 9 novembre 2014

Ma l'arte contemporanea si può chiamare arte?


SUBODH GUPTA - VERY HUNGRY GOD - 2007
Una domanda mi assilla, mi scuote dentro e mi fa nascere pensieri tristi e bui.
Come mai dopo la seconda guerra mondiale non sono più nati artisti degni di essere chiamati tali?
Secoli fa di artisti veri ne nascevano a decine ogni secolo e molti di loro hanno lasciato una traccia fondamentale nella nostra cultura.
Girando oggi per le troppe mostre, mostrine e mostriciattole di arte contemporanea, viene naturale chiedersi dove sia in realtà l’arte.
Per arte intendo quella che fa nascere belle sensazioni, emoziona, fa piangere, fa venire i brividi, impressiona per la tecnica sublime, lascia a bocca aperta per lo stupore, quella che riesce a dare messaggi importanti. 
Quell'arte che rimane nel cuore e sulla pelle, che non dimentichi, che appaga il senso estetico che ognuno di noi ha.
Facciamo qualche nome, di quelli che valgono montagne di dollari veri, mica soldi del Monopoli.

SUBODH GUPTA - ALI BABA' - 2011
Subodh Gupta, nato in un villaggio indiano nel 1964, assembla pentole, pentolini, coperchi e bollilatte rigorosamente di inox per creare ‘installazioni’, vale a dire oggetti, per lo più molto ingombranti, che non sono né sculture né pitture.
Sono altro.
Per Very hungry God, un enorme teschio inquietante e luccicante, di pentole ne ha usate tremila.  
Spiegazione data da lui in carne e ossa: “Uso questi materiali perché in India il 90% delle persone usa pentole di inox (ma sarà così anche nei villaggi sperduti? N.d.A.) e perché mia madre mi ha insegnato a cucinare”.
Grandioso. 
SUBODH GUPTA - MY MOTHER AND ME
Molte madri hanno insegnato a cucinare ai propri figli, ma cosa c’entri questo con l’arte è ancora un mistero.
Il significato del teschio, che nulla ha a che vedere con il ‘memento mori’ di seicentesca memoria e concetto assai complesso, allude alle catastrofi naturali come gli tsunami o i terremoti e a quelle causate dall’uomo, come le guerre.
Altro che Goya e il suo 3 maggio 1808!
Ma l’indiano delle pentole non usa solo inox.
Un’altra installazione, My mother and me, è interamente fatta con cialde di sterco di vacca, utilizzate nelle campagne come combustibile.
Su questa non faccio commenti…
Gli esperti di arte contemporanea, spesso totalmente criptici, dicono che le opere dell’indiano ricreano il conflitto fra tradizione e modernità, fra radici rurali e tecnologie cittadine.
MAURIZIO CATTELAN - UNTITLED - 2007
Va bene, il messaggio può anche essere chiaro, ma forse usare lo sterco di vacca è un po’ troppo!
Un altro che fa una montagna di soldi è Maurizio Cattelan, la cui unica idea geniale è stata il fare della provocazione la sua arma vincente.
Per il resto, lui e l’arte viaggiano su strade che non si incontreranno mai.
Memorabile il suo cavallo impagliato appiccicato a un muro.
Cavallo vero, ben inteso, con la testa che scompare nella parete, con buona pace degli animalisti.
Non felice del povero equino singolo, ne ha accostati ben cinque, per un’altra installazione di dubbio gusto per non dire altro.
MAURIZIO CATTELAN - KAPUTT
Cattelan sarà pure ricco ma artista non è, perché non c’è nulla di sublime in quello che fa, solo superficialità, sensazionalismo, scandali, ma queste cose passano e di lui certo non rimarrà  traccia.
Personaggi come i due sopracitati, danno realmente l'impressione di prendere in giro chi compra le loro opere, fatte di messaggi incomprensibili e di bellezza ridotta a zero assoluto.
Personaggi che parlano come guru e che non dimostrano neanche un minimo di vergogna per quel che propongono e che vendono a caro prezzo.
Tornano alla mente i barattoli di Merda d'artista di Piero Manzoni del 1961, qui basta togliere d'artista, e ci siamo.
PIERO MANZONI - MERDA D'ARTISTA - 1961
Ho passato un’intera vita a studiare arte, quella vera e in queste ‘espressioni artistiche’ non mi ci ritrovo proprio.
E, soprattutto, non ritrovo nulla che si avvicini o almeno abbia una traccia della forza di Michelangelo, della divina bellezza di Raffaello, del colore di Tiziano, dei tormenti di Caravaggio, della morbidezza del marmo di Bernini, della straordinaria tecnica di Ingres, della colorata innocenza di Gauguin, della lucida pazzia di Van Gogh o delle sperimentazioni di Picasso.
E non voglio mettere foto delle opere di questi grandi artisti, non vorrei si rivoltassero nelle tombe al solo pensiero di stare vicino a simili schifezze.
L’arte è la storia del sentire umano legato agli eventi di un preciso momento storico.
E se questa è “l’arte" del terzo millennio, che Dio ci aiuti.

mercoledì 5 novembre 2014

Berthe Morisot, la donna dell'Impressionismo

EDOUARD MANET
RITRATTO DI BERTHE MORISOT
Lo sguardo assorto e pensieroso, con un vestito nero dalla casta scollatura, fermata da una spilla e addolcita da un mazzo di violette, le ciocche ribelli della sua bionda capigliatura si mescolano con grazia ai nastri del cappellino. 
Così Édouard Manet ritrae Berthe Morisot, l’unica donna impressionista, ricordata più per essere stata la sua modella preferita che per essere stata una pittrice di straordinaria sensibilità e talento.
Berthe nasce nel 1841 a Bourges, da una famiglia ricca e colta che nel 1855 si trasferisce a Parigi, allora il centro del mondo artistico e culturale d’Europa, e a sedici anni inizia a dipingere come allieva di Camille Corot.
Il salotto di casa Morisot era un punto di incontro di artisti, scrittori, poeti e musicisti e Berthe cresce in un ambiente ricco di fermenti intellettuali.

BERTHE MORISOT
EUGENE MANET ALL'ISOLA DI WIGHT - 1875
Si appassiona alla pittura e introduce Edouard Manet, di cui sposerà il fratello Eugène, nel milieu impressionista, facendogli conoscere Degas, Pissarro, Renoir, Sisley e Monet.
Ma lei era una donna, bella, stravagante e piena di fascino, in un ambiente prettamente maschile.

BERTHE MORISOT
FANCIULLA CHE SI INFILA UNA CALZA
Era estremamente disdicevole uscire con colori e pennelli per andare a dipingere ‘en plein air’ paesaggi, fiori o scene di vita.
Così i suoi soggetti sono per lo più ritratti e ambienti domestici e la piccola Julie, sua figlia, sarà il soggetto di molti suoi dipinti.
E’ il 1874 quando Berthe espone alla ormai celeberrima mostra parigina che diede l’avvio all’impressionismo: quasi uno scandalo, ma lei imperterrita continuò e divenne l’anima del movimento impressionista, aiutando anche economicamente alcuni suoi ‘colleghi’ maschi.

BERTHE MORISOT - NASCONDINO - 1875
E’ stata un’artista elegante, con una forte personalità, capace di far cantare i colori chiari con un senso molto personale della luce.
La sensualità della sua gamma cromatica e il suo modo delicato di trattare la luce, uniti al nervosismo della pennellata e all’armonia dei colori, hanno dato vita a quadri tenerissimi, a ritratti dall’intensa indagine psicologica e a momenti intimi che nessun pittore maschio è mai riuscito a trattare con tale delicatezza e capacità tecnica.
BERTHE MORISOT - LA CULLA - 1872

Il poeta e scrittore Paul Valery di lei scrisse: “La sua peculiarità fu di vivere la sua pittura e di dipingere la sua vita”.
E la sua vita era la sua famiglia, i suoi amici, gli affetti più cari che diventano quadri di impressionante vivezza, con il pennello che lascia sulle tele fulmini di colori e saette di luce, controllati da una sapiente tecnica.
Ma lascia anche fondamentali tracce d’amore, di dolcezza e di intimità, di quell’essere donna e femmina, di cui è spalmata l’intera sua opera.
Berthe Morisot morì di polmonite il 2 marzo del 1895 e fu sepolta nel cimitero di Passy, nella tomba della famiglia Manet.
Un anno dopo la sua morte, la galleria Durand Ruel le dedicò una retrospettiva: l’ultimo omaggio degli amici artisti che dimostrarono così la loro ammirazione per una donna fantastica.