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domenica 9 novembre 2014

Ma l'arte contemporanea si può chiamare arte?


SUBODH GUPTA - VERY HUNGRY GOD - 2007
Una domanda mi assilla, mi scuote dentro e mi fa nascere pensieri tristi e bui.
Come mai dopo la seconda guerra mondiale non sono più nati artisti degni di essere chiamati tali?
Secoli fa di artisti veri ne nascevano a decine ogni secolo e molti di loro hanno lasciato una traccia fondamentale nella nostra cultura.
Girando oggi per le troppe mostre, mostrine e mostriciattole di arte contemporanea, viene naturale chiedersi dove sia in realtà l’arte.
Per arte intendo quella che fa nascere belle sensazioni, emoziona, fa piangere, fa venire i brividi, impressiona per la tecnica sublime, lascia a bocca aperta per lo stupore, quella che riesce a dare messaggi importanti. 
Quell'arte che rimane nel cuore e sulla pelle, che non dimentichi, che appaga il senso estetico che ognuno di noi ha.
Facciamo qualche nome, di quelli che valgono montagne di dollari veri, mica soldi del Monopoli.

SUBODH GUPTA - ALI BABA' - 2011
Subodh Gupta, nato in un villaggio indiano nel 1964, assembla pentole, pentolini, coperchi e bollilatte rigorosamente di inox per creare ‘installazioni’, vale a dire oggetti, per lo più molto ingombranti, che non sono né sculture né pitture.
Sono altro.
Per Very hungry God, un enorme teschio inquietante e luccicante, di pentole ne ha usate tremila.  
Spiegazione data da lui in carne e ossa: “Uso questi materiali perché in India il 90% delle persone usa pentole di inox (ma sarà così anche nei villaggi sperduti? N.d.A.) e perché mia madre mi ha insegnato a cucinare”.
Grandioso. 
SUBODH GUPTA - MY MOTHER AND ME
Molte madri hanno insegnato a cucinare ai propri figli, ma cosa c’entri questo con l’arte è ancora un mistero.
Il significato del teschio, che nulla ha a che vedere con il ‘memento mori’ di seicentesca memoria e concetto assai complesso, allude alle catastrofi naturali come gli tsunami o i terremoti e a quelle causate dall’uomo, come le guerre.
Altro che Goya e il suo 3 maggio 1808!
Ma l’indiano delle pentole non usa solo inox.
Un’altra installazione, My mother and me, è interamente fatta con cialde di sterco di vacca, utilizzate nelle campagne come combustibile.
Su questa non faccio commenti…
Gli esperti di arte contemporanea, spesso totalmente criptici, dicono che le opere dell’indiano ricreano il conflitto fra tradizione e modernità, fra radici rurali e tecnologie cittadine.
MAURIZIO CATTELAN - UNTITLED - 2007
Va bene, il messaggio può anche essere chiaro, ma forse usare lo sterco di vacca è un po’ troppo!
Un altro che fa una montagna di soldi è Maurizio Cattelan, la cui unica idea geniale è stata il fare della provocazione la sua arma vincente.
Per il resto, lui e l’arte viaggiano su strade che non si incontreranno mai.
Memorabile il suo cavallo impagliato appiccicato a un muro.
Cavallo vero, ben inteso, con la testa che scompare nella parete, con buona pace degli animalisti.
Non felice del povero equino singolo, ne ha accostati ben cinque, per un’altra installazione di dubbio gusto per non dire altro.
MAURIZIO CATTELAN - KAPUTT
Cattelan sarà pure ricco ma artista non è, perché non c’è nulla di sublime in quello che fa, solo superficialità, sensazionalismo, scandali, ma queste cose passano e di lui certo non rimarrà  traccia.
Personaggi come i due sopracitati, danno realmente l'impressione di prendere in giro chi compra le loro opere, fatte di messaggi incomprensibili e di bellezza ridotta a zero assoluto.
Personaggi che parlano come guru e che non dimostrano neanche un minimo di vergogna per quel che propongono e che vendono a caro prezzo.
Tornano alla mente i barattoli di Merda d'artista di Piero Manzoni del 1961, qui basta togliere d'artista, e ci siamo.
PIERO MANZONI - MERDA D'ARTISTA - 1961
Ho passato un’intera vita a studiare arte, quella vera e in queste ‘espressioni artistiche’ non mi ci ritrovo proprio.
E, soprattutto, non ritrovo nulla che si avvicini o almeno abbia una traccia della forza di Michelangelo, della divina bellezza di Raffaello, del colore di Tiziano, dei tormenti di Caravaggio, della morbidezza del marmo di Bernini, della straordinaria tecnica di Ingres, della colorata innocenza di Gauguin, della lucida pazzia di Van Gogh o delle sperimentazioni di Picasso.
E non voglio mettere foto delle opere di questi grandi artisti, non vorrei si rivoltassero nelle tombe al solo pensiero di stare vicino a simili schifezze.
L’arte è la storia del sentire umano legato agli eventi di un preciso momento storico.
E se questa è “l’arte" del terzo millennio, che Dio ci aiuti.