sabato 10 giugno 2017

Giudizio Universale: l'apoteosi del genio di Michelangelo

Michelangelo Buonarroti - Giudizio Universale - 1536/1541
Città del Vaticano, Cappella Sistina
Con il Giudizio Universale, Michelangelo era intervenuto con l’autorità del genio nel problema più scottante del tempo, sostenendo la tesi cattolica della responsabilità contro quella protestante della predestinazione.
Michelangelo Buonarroti
Cristo Giudice
Particolare Giudizio Universale
Iniziato nel 1536 e terminato nel 1541 nella parete di fondo della Cappella Sistina per volere di Papa Paolo III, il dies Irae che evoca, rompendo con la tradizione iconografica, è ben lontano dai Giudizi dei maestri del passato con le loro schiere di Santi ordinate intorno a Cristo con a debita distanza i dannati che discendono alla loro destinazione infernale.
Dio giudice, nudo, atletico, senza alcuno degli attributi tradizionali di Cristo, è l’immagine della suprema giustizia, che neppure la pietà e la misericordia, rappresentata dalla Madonna implorante, può temperare.
Michelangelo concepisce la composizione come una massa di figure rotanti intorno a Cristo che emerge isolato in un nimbo di luce.
Michelangelo Buonarroti
Il giudizio dei dannati
Particolare Giudizio Universale
Santi e Martiri sono in alto, alcuni dannati invece lottano invano per sfuggire alla stretta dei diavoli, altri si pigiano sulla barca di Caronte, altri ancora si gettano sgomenti nel gorgo e sulla sponda li attende Minosse.
In alto, nelle lunette, angeli recano i simboli della Passione, quasi invocando vendetta.
Lo sgomento invade anche i beati: la giustizia divina è diversa da quella umana, solo Dio ne conosce i motivi e ne è arbitro, come nella grazia.
Michelangelo Buonarroti
San Bartolomeo
Particolare
Giudizio Universale
C'è spazio anche per l'ego dell'autore, che si ritrae in tutta la sua tragedia nella pelle scuoiata di san Bartolomeo .
Un’opera meravigliosa, che rivela tutta la maestria michelangiolesca nel disegno del corpo umano colto da qualsiasi punto e angolatura, giovani atleti dai muscoli mirabili che si snodano e si piegano nelle più svariate direzioni.
E non vi è dubbio che molte idee  avrebbe potuto esprimerle nel marmo di Carrara, anzi forse è così che le vedeva mentre si affollavano nella sua mente intanto che dipingeva.
Poi sopravvenne il clima della Controriforma e la preoccupazione delle gerarchie vaticane di allontanare da Roma le accuse di paganesimo.
Fu così che Daniele da Volterrra, un discepolo di Michelangelo, poco dopo la morte del maestro, nel gennaio del 1564 fu incaricato di coprire con panneggi dipinti a tempera le nudità più vistose: su dieci figure gli indumenti già esistenti furono ampliati, su altri venticinque furono dipinti di sana pianta.
E il povero Daniele ci guadagnò il soprannome di Braghettone.

martedì 6 giugno 2017

Il mio nuovo video sulla Pubertà di Munch

https://www.youtube.com/watch?v=I22T6MYq5KE
 
E' l'articolo più letto in assoluto del sito, così ho deciso di realizzare anche un video sulla Pubertà di Munch, che ho pubblicato sul mio canale di You Tube:
 


venerdì 2 giugno 2017

Bartolomeo Bimbi: le meraviglie della natura

Bartolomeo Bimbi - Pianta di girasole 
 1721
Poggio a Caiano, Museo della Natura Morta
Il pittore delle ‘meraviglie di natura’ nasce a Settignano venerdì 15 maggio 1648 e inizia la sua carriera prima sotto Lorenzo Lippi poi a Roma nella bottega di Mario Nuzzi detto Mario dei Fiori, ma fu Agnolo Gori, fiorante molto apprezzato e legato alle origini della natura morta, a presentarlo a Cosimo III e al principe Ferdinando de’ Medici.
Per lui, a partire dal 1685, eseguì moltissimi quadri di animali, fiori e frutta, originali e stravaganti ritratti al naturale con precisione scientifica. A tal fine usava valersi si scienziati come il Redi, che analizzavano tutte le specie portate al pittore, per essere dipinte e appese nelle ville medicee  dell’Ambrogiana, di Castello e della Topaia, di cui buona parte sono conservate al Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze. 
Già, perché Bartolomeo non era solo uno straordinario pittore di nature morte ma aveva anche qualcosa in più: uno spirito indagatore, da vero studioso e ricercatore.
Bartolomeo Bimbi - Ciliegie - 1699 - Firenze, Galleria degli Uffizi
Ma andiamo con ordine. Come tutte le grandi famiglie di regnanti, tra cui spiccano quelli francesi nella reggia di Versailles, anche i Medici nei loro vastissimi possedimenti terrieri coltivavano frutta e verdura anche a scopo cognitivo, per studiare le varie specie e cercare anche di migliorarle con innesti e nuovi semi. Bisognava quindi rappresentare tutti i prodotti e, non esistendo ancora la fotografia, ecco che entra in scena Bartolomeo. In Ciliegie, del 1699,  ora nella Galleria degli Uffizi ma dipinto per la villa di Poggio a Caiano, è raffigurato l’intero campionario di tutte le varietà di ciliegie che si producevano nelle terre medicee, elencate sulla base della colonna visibile a sinistra, così come Uve, dipinto nel 1700 sempre agli Uffizi, dove i grappoli hanno acini di forme e colori diversi e hanno ognuno un cartiglio con sopra il nome della varietà.
Quindi i dipinti di Bartolomeo vanno al di là del mero piacere visivo e sono utilissimi per documentare le varietà coltivate all’epoca in Toscana.
Bartolomeo Bimbi - Susine
 Poggio a Caiano, Museo della Natura Morta
Lo stesso vale per il dipinto Pere, sempre del 1699 e sempre agli Uffizi, che, come specifica il cartiglio alla base della tela, raffigura le diverse qualità di pere di “giugno, luglio, agosto, settembre, ottobre, inverno”. I frutti qui sono disegnati a gruppi, perlopiù in canestre e piatti, secondo uno dei moduli compositivi usati da Bartolomeo in questo genere di composizioni, così come in Susine.
In un altro dipinto, Agrumi, agli Uffizi, Bartolomeo ha dipinto ben 31 specie di arance e limoni, mentre la provenienza esotica del Mazzo di datteri, dipinto quando aveva 72 anni nel 1720 e ora agli Uffizi, è data dalle palme di sfondo e dalla costruzione piramidale sulla sinistra della tela.
Bimbi dipingeva anche mirabilia, ovvero certe verdure o frutti dalle gigantesche proporzioni, come un cavolfiore di ben 18 libbre, vale a dire circa otto chili, o giganteschi cedri bitorzoluti come quello dipinto nel 1713, un “cocomero di libbre centocinque bellissimo”  o una barbabietola di quaranta libbre nata nel marzo del 1721 e tutti gli “esemplari stravaganti e aborti di natura”.
Bartolomeo Bimbi - Zucca - 1711
Firenze, Museo di Storia Naturale
A proposito del dipinto di un’immensa zucca nata a Pisa nel 1711 di 171 libbre nata nel giardino di Francesco de’  Medici, il suo biografo Baldinucci racconta che, chiedendo il duca quanto gli costasse il dipinto, Bartolomeo gli spedì il conto, ma essendo lui “sempre umile né mai ebbe alcuna stima di sé medesimo”, gli prese quasi un colpo quando il granduca rispose chiedendogli se per caso avesse sbagliato i conti. Il poverino, pensando di avere chiesto troppo, rispose che fosse il duca a fare il prezzo e il nobiluomo gli diede il doppio di quel che aveva chiesto.
Bartolomeo Bimbi - Agnello a due teste - 1721
Poggio a Caiano, Museo della Natura Morta
Anche gli animali catturavano la sua attenzione come l’Agnello dalle due teste, del 1721 e nel Museo della Natura Morta a Poggio a Caiano, ovino nato l’anno prima, di colore “bianco meraviglioso per le due teste, e due colli con i suoi esofaghi, ancora per interiora, che aveva tenendo due fegati, due milze, due cuori” come è scritto nel cartiglio in basso a sinistra del quadro.
Ma Bartolomeo oltre a far conoscere le meraviglie della natura, sapeva davvero dipingere benissimo, tanto che Filippo Baldinucci di lui scrive: “né Tiziano né Raffaello né alcun pittore del mondo che avesse voluto fare frutte e fiori mai sarebbe arrivato a farli in quelle forme e così bene”.
Ed è vero: con il suo pennello riusciva a dare tale naturalezza che si riesce a immaginare la ruvidità delle bucce degli agrumi, il sapore zuccherino delle ciliegie o dell’uva.
Bartolomeo morì a ottantadue anni, povero e dimenticato, sabato 14 gennaio 1730 a Firenze.