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venerdì 2 giugno 2017

Bartolomeo Bimbi: le meraviglie della natura

Bartolomeo Bimbi - Pianta di girasole 
 1721
Poggio a Caiano, Museo della Natura Morta
Il pittore delle ‘meraviglie di natura’ nasce a Settignano venerdì 15 maggio 1648 e inizia la sua carriera prima sotto Lorenzo Lippi poi a Roma nella bottega di Mario Nuzzi detto Mario dei Fiori, ma fu Agnolo Gori, fiorante molto apprezzato e legato alle origini della natura morta, a presentarlo a Cosimo III e al principe Ferdinando de’ Medici.
Per lui, a partire dal 1685, eseguì moltissimi quadri di animali, fiori e frutta, originali e stravaganti ritratti al naturale con precisione scientifica. A tal fine usava valersi si scienziati come il Redi, che analizzavano tutte le specie portate al pittore, per essere dipinte e appese nelle ville medicee  dell’Ambrogiana, di Castello e della Topaia, di cui buona parte sono conservate al Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze. 
Già, perché Bartolomeo non era solo uno straordinario pittore di nature morte ma aveva anche qualcosa in più: uno spirito indagatore, da vero studioso e ricercatore.
Bartolomeo Bimbi - Ciliegie - 1699 - Firenze, Galleria degli Uffizi
Ma andiamo con ordine. Come tutte le grandi famiglie di regnanti, tra cui spiccano quelli francesi nella reggia di Versailles, anche i Medici nei loro vastissimi possedimenti terrieri coltivavano frutta e verdura anche a scopo cognitivo, per studiare le varie specie e cercare anche di migliorarle con innesti e nuovi semi. Bisognava quindi rappresentare tutti i prodotti e, non esistendo ancora la fotografia, ecco che entra in scena Bartolomeo. In Ciliegie, del 1699,  ora nella Galleria degli Uffizi ma dipinto per la villa di Poggio a Caiano, è raffigurato l’intero campionario di tutte le varietà di ciliegie che si producevano nelle terre medicee, elencate sulla base della colonna visibile a sinistra, così come Uve, dipinto nel 1700 sempre agli Uffizi, dove i grappoli hanno acini di forme e colori diversi e hanno ognuno un cartiglio con sopra il nome della varietà.
Quindi i dipinti di Bartolomeo vanno al di là del mero piacere visivo e sono utilissimi per documentare le varietà coltivate all’epoca in Toscana.
Bartolomeo Bimbi - Susine
 Poggio a Caiano, Museo della Natura Morta
Lo stesso vale per il dipinto Pere, sempre del 1699 e sempre agli Uffizi, che, come specifica il cartiglio alla base della tela, raffigura le diverse qualità di pere di “giugno, luglio, agosto, settembre, ottobre, inverno”. I frutti qui sono disegnati a gruppi, perlopiù in canestre e piatti, secondo uno dei moduli compositivi usati da Bartolomeo in questo genere di composizioni, così come in Susine.
In un altro dipinto, Agrumi, agli Uffizi, Bartolomeo ha dipinto ben 31 specie di arance e limoni, mentre la provenienza esotica del Mazzo di datteri, dipinto quando aveva 72 anni nel 1720 e ora agli Uffizi, è data dalle palme di sfondo e dalla costruzione piramidale sulla sinistra della tela.
Bimbi dipingeva anche mirabilia, ovvero certe verdure o frutti dalle gigantesche proporzioni, come un cavolfiore di ben 18 libbre, vale a dire circa otto chili, o giganteschi cedri bitorzoluti come quello dipinto nel 1713, un “cocomero di libbre centocinque bellissimo”  o una barbabietola di quaranta libbre nata nel marzo del 1721 e tutti gli “esemplari stravaganti e aborti di natura”.
Bartolomeo Bimbi - Zucca - 1711
Firenze, Museo di Storia Naturale
A proposito del dipinto di un’immensa zucca nata a Pisa nel 1711 di 171 libbre nata nel giardino di Francesco de’  Medici, il suo biografo Baldinucci racconta che, chiedendo il duca quanto gli costasse il dipinto, Bartolomeo gli spedì il conto, ma essendo lui “sempre umile né mai ebbe alcuna stima di sé medesimo”, gli prese quasi un colpo quando il granduca rispose chiedendogli se per caso avesse sbagliato i conti. Il poverino, pensando di avere chiesto troppo, rispose che fosse il duca a fare il prezzo e il nobiluomo gli diede il doppio di quel che aveva chiesto.
Bartolomeo Bimbi - Agnello a due teste - 1721
Poggio a Caiano, Museo della Natura Morta
Anche gli animali catturavano la sua attenzione come l’Agnello dalle due teste, del 1721 e nel Museo della Natura Morta a Poggio a Caiano, ovino nato l’anno prima, di colore “bianco meraviglioso per le due teste, e due colli con i suoi esofaghi, ancora per interiora, che aveva tenendo due fegati, due milze, due cuori” come è scritto nel cartiglio in basso a sinistra del quadro.
Ma Bartolomeo oltre a far conoscere le meraviglie della natura, sapeva davvero dipingere benissimo, tanto che Filippo Baldinucci di lui scrive: “né Tiziano né Raffaello né alcun pittore del mondo che avesse voluto fare frutte e fiori mai sarebbe arrivato a farli in quelle forme e così bene”.
Ed è vero: con il suo pennello riusciva a dare tale naturalezza che si riesce a immaginare la ruvidità delle bucce degli agrumi, il sapore zuccherino delle ciliegie o dell’uva.
Bartolomeo morì a ottantadue anni, povero e dimenticato, sabato 14 gennaio 1730 a Firenze.