martedì 6 giugno 2017

Il mio nuovo video sulla Pubertà di Munch

https://www.youtube.com/watch?v=I22T6MYq5KE
 
E' l'articolo più letto in assoluto del sito, così ho deciso di realizzare anche un video sulla Pubertà di Munch, che ho pubblicato sul mio canale di You Tube:
 


venerdì 2 giugno 2017

Bartolomeo Bimbi: le meraviglie della natura

Bartolomeo Bimbi - Pianta di girasole 
 1721
Poggio a Caiano, Museo della Natura Morta
Il pittore delle ‘meraviglie di natura’ nasce a Settignano venerdì 15 maggio 1648 e inizia la sua carriera prima sotto Lorenzo Lippi poi a Roma nella bottega di Mario Nuzzi detto Mario dei Fiori, ma fu Agnolo Gori, fiorante molto apprezzato e legato alle origini della natura morta, a presentarlo a Cosimo III e al principe Ferdinando de’ Medici.
Per lui, a partire dal 1685, eseguì moltissimi quadri di animali, fiori e frutta, originali e stravaganti ritratti al naturale con precisione scientifica. A tal fine usava valersi si scienziati come il Redi, che analizzavano tutte le specie portate al pittore, per essere dipinte e appese nelle ville medicee  dell’Ambrogiana, di Castello e della Topaia, di cui buona parte sono conservate al Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze. 
Già, perché Bartolomeo non era solo uno straordinario pittore di nature morte ma aveva anche qualcosa in più: uno spirito indagatore, da vero studioso e ricercatore.
Bartolomeo Bimbi - Ciliegie - 1699 - Firenze, Galleria degli Uffizi
Ma andiamo con ordine. Come tutte le grandi famiglie di regnanti, tra cui spiccano quelli francesi nella reggia di Versailles, anche i Medici nei loro vastissimi possedimenti terrieri coltivavano frutta e verdura anche a scopo cognitivo, per studiare le varie specie e cercare anche di migliorarle con innesti e nuovi semi. Bisognava quindi rappresentare tutti i prodotti e, non esistendo ancora la fotografia, ecco che entra in scena Bartolomeo. In Ciliegie, del 1699,  ora nella Galleria degli Uffizi ma dipinto per la villa di Poggio a Caiano, è raffigurato l’intero campionario di tutte le varietà di ciliegie che si producevano nelle terre medicee, elencate sulla base della colonna visibile a sinistra, così come Uve, dipinto nel 1700 sempre agli Uffizi, dove i grappoli hanno acini di forme e colori diversi e hanno ognuno un cartiglio con sopra il nome della varietà.
Quindi i dipinti di Bartolomeo vanno al di là del mero piacere visivo e sono utilissimi per documentare le varietà coltivate all’epoca in Toscana.
Bartolomeo Bimbi - Susine
 Poggio a Caiano, Museo della Natura Morta
Lo stesso vale per il dipinto Pere, sempre del 1699 e sempre agli Uffizi, che, come specifica il cartiglio alla base della tela, raffigura le diverse qualità di pere di “giugno, luglio, agosto, settembre, ottobre, inverno”. I frutti qui sono disegnati a gruppi, perlopiù in canestre e piatti, secondo uno dei moduli compositivi usati da Bartolomeo in questo genere di composizioni, così come in Susine.
In un altro dipinto, Agrumi, agli Uffizi, Bartolomeo ha dipinto ben 31 specie di arance e limoni, mentre la provenienza esotica del Mazzo di datteri, dipinto quando aveva 72 anni nel 1720 e ora agli Uffizi, è data dalle palme di sfondo e dalla costruzione piramidale sulla sinistra della tela.
Bimbi dipingeva anche mirabilia, ovvero certe verdure o frutti dalle gigantesche proporzioni, come un cavolfiore di ben 18 libbre, vale a dire circa otto chili, o giganteschi cedri bitorzoluti come quello dipinto nel 1713, un “cocomero di libbre centocinque bellissimo”  o una barbabietola di quaranta libbre nata nel marzo del 1721 e tutti gli “esemplari stravaganti e aborti di natura”.
Bartolomeo Bimbi - Zucca - 1711
Firenze, Museo di Storia Naturale
A proposito del dipinto di un’immensa zucca nata a Pisa nel 1711 di 171 libbre nata nel giardino di Francesco de’  Medici, il suo biografo Baldinucci racconta che, chiedendo il duca quanto gli costasse il dipinto, Bartolomeo gli spedì il conto, ma essendo lui “sempre umile né mai ebbe alcuna stima di sé medesimo”, gli prese quasi un colpo quando il granduca rispose chiedendogli se per caso avesse sbagliato i conti. Il poverino, pensando di avere chiesto troppo, rispose che fosse il duca a fare il prezzo e il nobiluomo gli diede il doppio di quel che aveva chiesto.
Bartolomeo Bimbi - Agnello a due teste - 1721
Poggio a Caiano, Museo della Natura Morta
Anche gli animali catturavano la sua attenzione come l’Agnello dalle due teste, del 1721 e nel Museo della Natura Morta a Poggio a Caiano, ovino nato l’anno prima, di colore “bianco meraviglioso per le due teste, e due colli con i suoi esofaghi, ancora per interiora, che aveva tenendo due fegati, due milze, due cuori” come è scritto nel cartiglio in basso a sinistra del quadro.
Ma Bartolomeo oltre a far conoscere le meraviglie della natura, sapeva davvero dipingere benissimo, tanto che Filippo Baldinucci di lui scrive: “né Tiziano né Raffaello né alcun pittore del mondo che avesse voluto fare frutte e fiori mai sarebbe arrivato a farli in quelle forme e così bene”.
Ed è vero: con il suo pennello riusciva a dare tale naturalezza che si riesce a immaginare la ruvidità delle bucce degli agrumi, il sapore zuccherino delle ciliegie o dell’uva.
Bartolomeo morì a ottantadue anni, povero e dimenticato, sabato 14 gennaio 1730 a Firenze.

venerdì 12 maggio 2017

Giorgio Morandi: il solitario della pittura

Giorgio Morandi
Un solitario.
Solitario senza volerlo, solitario suo malgrado.
La biografia senza eventi di Giorgio Morandi, come quella che per scelta e destino capitò anche al suo nume  Paul Cézanne, aiuta a capire la sua pittura e il suo essere il maggiore pittore italiano del secolo.
E’ una domenica il 20 luglio del 1890 quando Giorgio nasce in Via Lame a Bologna e dove abita i primi due anni di vita per poi traslocare al numero 20 di Via Avesella. Fin da quando era molto giovane, Giorgio dimostra una notevole predisposizione per la pittura, sicché convince i parenti a iscriverlo all’Accademia di Belle Arti. E’ il 1907.
Barattoli di pigmenti 
 Bologna, casa di Giorgio Morandi
Gli studi proseguono bene, nonostante i ripetuti contrasti con i professori, per la sua voglia di seguire i suoi idoli, vale a dire Paul Cézanne in primis, Henry Rousseau e Pablo Picasso. Però ama anche Paolo Uccello, Masaccio e  Giotto.
Quasi ventenne, la famiglia si sposta in una casa di Via Fondazza a causa della morte del padre e Giorgio diventa così il capo della sua famiglia della piccola borghesia: la madre, Maria Maccaferri, e le sorelle Anna, Dina e Maria Teresa.
In quella casa, Giorgio Morandi ha vissuto dal 1910 fino alla sua morte. E’ un microcosmo a cui non manca nulla per entrare a far parte del mondo morandiano e che nella sua semplicità diventa il suo macrocosmo fatto di arte e creazione. Ammetto che la pittura di Morandi non è tra le mie preferite: mi lascia in uno stato di infinita tristezza per la mancanza di colori, per un guizzo di fantasia lasciato volutamente nel pennello, per la ripetitività che rasenta la maniacalità dei suoi soggetti, eppure ho voluto vedere le case dove ha abitato per cercare di capirne i motivi.
Delle varie stanze della casa di Bologna, lo studio di Giorgio è senz’altro quella che maggiormente colpisce perché si riesce a toccare l’atmosfera, semplice e austera, che lui viveva quando vi lavorava, giorno e notte, per creare le sue tele, le incisioni o i disegni.
Bottiglie - Bologna, casa di Giorgio Morandi
L'arredo è ancora originale: il  letto, il cavalletto in legno da disegno, l'orologio  e l’acquasantiera, ci sono le brocche, i bicchieri, le rose di seta, i barattoli di vernici e colori, gli stracci appallottolati ancora impregnati di colore, le puntine da disegno, i pennelli che permettono di vivere le sue stesse emozioni nei minimi particolari. E ancora sul tavolo da lavoro si vedono ancora gli spostamenti degli oggetti protagonisti delle sue nature morte che lui registrava in maniera maniacale per ottenere diversi riflessi e diverse composizioni. Ma si vedono anche le pennellate che lui faceva sui muri.
Vasi
Grizzana, casa di Giorgio Morandi
Nel 1913 finalmente arriva il diploma e le prime mostre, all’hotel Baglioni di Bologna e successivamente a Roma nella galleria Sprovieri con il gruppo futurista.
Durante la prima guerra mondiale inizia la sua fase metafisica e quella delle nature morte, le sue opere più celebri. Dal punto di vista stilistico nei dipinti di questo periodo si nota come Morandi caratterizzasse un disegno rigorosamente geometrico con ombre scandite.
La sua vita è sempre e costantemente a Bologna, da dove si sposta solo per andare a Grizzana nella casa di campagna durante i mesi caldi. Era il 1931 quando la sorella di Giorgio, Anna, si ammalò e, su consiglio del medico, la famiglia dovette cercare un luogo dove ci fosse aria salubre. Andarono perciò a Grizzana, il cui toponimo nel 1985 fu modificato aggiungendo il cognome Morandi proprio per i lunghi mesi che l’artista passò qui, dove i signori Veggetti, amici e vicini di casa a Bologna dei Morandi, li invitarono. Da allora, ogni anno, da giugno a settembre quando le scuole erano chiuse, i Morandi, andarono nel paesello appenninico in villeggiatura. Alla fine degli anni ’50 la famiglia comprò un terreno su cui edificarono questa casetta.
Grizzana era per Morandi quel che significava Arles per Van Gogh o l’Estanque per Cézanne, cioè luoghi imprescindibili per la storia dell’arte moderna.
Entrare in casa Morandi è come tornare indietro di quarant’anni: è stato tutto lasciato com’era, compresa la bottiglia già aperta di Biancosarti o quella dell’aceto in cucina.
Grizzana Morandi - Studio di Giorgio Morandi
Nella stanza dove dormiva Giorgio sotto il materasso c’è ancora una lastra pronta per essere incisa, mentre nei cassetti della scrivania si conservano i suoi pennelli, alcuni con le setole frastagliate per un effetto particolare, i colori a olio della Windsor & Newton, che arrivavano da Londra, libri, tra cui due su Masaccio e Giotto, un portamonete e le sigarette. Nello studio gli oggetti dell’artista, colori, pennelli, tele e telai, stracci ancora pieni di colore, il cavalletto da passeggio con la borsa per i colori e per i pennelli e il cavalletto da studio, pigmenti tritati conservati dentro un pezzetto di giornale, caffettiere, vasi, bugie portacandele, fiori finti, brocche, bicchieri che facevano da ‘modelli’ per le sue silenti nature morte, oltre ai barattoli di Ovomaltina che lui poi rielaborava. In quella stanza Morandi dipinse molti paesaggi che riusciva a vedere guardando fuori della finestra.
Dagli anni venti del secolo scorso, Morandi concentra la sua ricerca su pochissimi oggetti anche modesti - bottiglie, bicchieri, piatti, manichini, palle – completamente rielaborati e approfonditi.
Giorgio Morandi - Natura morta - 1929 - Rovereto, Mart
Le sue composizioni di nature morte esprimono con abbagliante chiarezza il concetto di vuoto, di silenzio che regola tutto il gruppo dei pittori futuristi. Il lavoro paziente e solitario di Morandi produce risultati di austero controllo e insieme di una nota di toccante lirismo e di malinconia.
Mi viene in mente un pensiero: forse Morandi ha cercato l'universo in piccole cose di  nessun valore, tantomeno estetico, proprio per far sì che le sue ricerche artistiche fossero un modello che si potesse applicare a qualunque cosa, avendo studiato e ristudiato il senso delle ombre, del vuoto, del pieno, del chiaro e dello scuro.
In molte delle sue opere del periodo metafisico gli oggetti vengono isolati dentro scatole entro le quali alcune forme galleggiano come se fosse stato realizzato il vuoto pneumatico.
Per vivere, lavora come insegnante di disegno nelle scuole ma nel febbraio del 1930 ottiene  ‘per chiara fama’ e ‘senza concorso’  la cattedra di incisione all’Accademia. Uno bello smacco per i suoi antichi insegnanti, non c’è che dire. Rimarrà docente fino al 1956. Espone anche alla Biennale di Venezia e alla Quadriennale di Roma, dove nel 1939 ha una sala tutta per sé con più di quaranta tele, oltre a disegni e acqueforti esposti. A Grizzana, dove rimarrà in qualità di sfollato per tutto il secondo conflitto, inizia  la grande stagione dei paesaggi e alla fine della guerra è considerato uno dei maestri più importanti del secolo.
Giorgio Morandi - Paesaggio - 1927  - Rovereto, Mart
Il processo creativo di Morandi prescinde sostanzialmente dalla ricerca di nuovi temi: si tratta di una speculazione intellettuale tutta interiore, che analizza la consistenza, il ritmo, i contorni, i riflessi, i delicati toni cromatici degli oggetti in una pazientissima meditazione.
Le forme progressivamente si sfaldano, le pennellate sono sempre più larghe e pastose, i contorni si fanno pastosi ed evanescenti fino a che la sua pittura giunge a perdersi dentro fondali neutri.
Giorgio è malato e dopo lunghe sofferenze, muore giovedì 18 giugno 1964.
Riposa nel cimitero monumentale della Certosa di Bologna, la sua amata città che mai lasciò.