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venerdì 2 gennaio 2015

Michelangelo: genio solitario e scorbutico

MICHELANGELO - LA PIETA' - 1498
CITTA' DEL VATICANO, BASILICA DI SAN PIETRO
Quattro ore prima dell'alba di lunedì 6 marzo 1475, a Caprese nei pressi di Arezzo, nacque Michelangelo Buonarroti, destinato a esercitare con il suo genio un influsso di inestimabile portata. 
Vuole a tutti i costi fare lo scultore: per lui l’immagine si trova già allo stato potenziale dentro il blocco di marmo grezzo e lo scultore deve solo liberarla asportando la materia superflua.
Il suo destino era evidentemente già segnato su qualche fulgida stella: va a balia da una famiglia di scalpellini, di cui si ricorderà per sempre.
Asseriva infatti di aver succhiato con il latte di lei "gli scalpelli e il mazzuolo".
E la sua strada, solitaria ma colma di gloria può iniziare.
MICHELANGELO
DAVID - 1501
FIRENZE
PIAZZA DELLA SIGNORIA
Come tutti a quell'epoca, si trova un protettore, nella fattispecie Lorenzo il Magnifico e a diciassette anni è già famoso.
Ma lui, spirito geniale ma intuitivo, capisce che la situazione fiorentina va verso la decadenza e lascia la città: comincia la vita errante da vero artista rinascimentale.
Alla fine del secolo da Firenze va a Roma dove nasce il primo dei suoi capolavori: ha ventitré anni quando scolpisce, o meglio, tira fuori la Pietà dal marmo, opera esemplarmente cristiana che riprende audacemente il tema gotico e nordico della salma del Cristo adagiata in grembo alla Madonna come fosse un bambino che dorme, e lei è giovane, come quando Cristo era bambino, e sembra quasi che voglia sussurrargli una ninna nanna.
Del 1501 è di nuovo a Firenze e nasce il David, dove riesce a rendere vivo il  movente morale del ragazzo, la tensione interiore che precede lo scatto del gesto e non l'azione vera e propria.
Difficile operazione, considerato che il pezzo di marmo era già stato abbozzato da altri, ma lui riesce comunque a tirargli fuori quel che voleva.
Torna a Roma per servire il papa in persona, Giulio II Della Rovere, vecchio e formidabile pontefice dall’anima guerriera, di cui si diceva avesse gettato nel Tevere le chiavi di San Pietro per tenere solo la spada di San Paolo.
MICHELANGELO - 1513/15 MOSE' - PARTICOLARE
ROMA, TOMBA DI GIULIIO II
 BASILICA DI SAN PIETRO IN VINCOLI
Gli affida il proprio monumento funebre e Michelangelo va di persona a scegliere i marmi a Carrara.
Ma questo monumento da cui attende la gloria, sarà invece la tragedia della sua vita, perché tra modifiche, rinvii e discussioni con il papa, andò avanti 40 anni per poi concludersi con una soluzione di ripiego.
Fece il Mosè, grandiosa scultura di uomo forte e vigoroso, un soggetto a lui molto caro.
Mai fece donne esageratamente femminili - se si esclude la Madonna nella Pietà, dolcissima figura di madre che lui non aveva quasi conosciuto - preferiva ritrarre uomini giovani e virili, potenti nella loro immobilità, da qui anche le chiacchiere sulla sua presunta omosessualità.
Ma Michelangelo era più forte delle chiacchiere, il suo genio se ne faceva un baffo degli stolti che sparlavano di lui. 
Il pontefice guerriero gli affida quindi la decorazione della volta della Cappella Sistina, un lavoro titanico, 40 x 13 metri a 20 di altezza, che inizia nel 1508: “Io sto qua in grande affanno e con grandissima fatica di corpo e non ho amici e non ne voglio”.
MICHELANGELO - VOLTA DELLA CAPPELLA SISTINA - LA NASCITA DI ADAMO - 1508/1512
E' l'opera che più di tutte lo rappresenta: un immenso affresco in cui immettere le balenanti visioni bibliche savonaroliane, la sua percezione della Fede, dei Profeti e della creazione dell'uomo con Dio inserito in quel che pare la sezione di un cervello.
La verità è che accettò l’incarico contro voglia, ma non solo.
Sostituì lo schema già deciso dal papa con il suo, ben più complesso, il che volle dire litigate furiose con Giulio II.
E' la sua straordinaria rivoluzione, di portata epocale.
MICHELANGELO
VOLTA DELLA CAPPELLA SISTINA
IGNUDO, PARTICOLARE
Per la prima volta la concezione dottrinale è dell’artista e l’architettura dipinta non è solo cornice ma parte integrante dell’opera.
Il collerico Giulio II lo fa impazzire: sale sui ponteggi e lo minaccia col suo bastone infuriandosi per un lavoro che non aveva mai fine.
Ma il 31 ottobre 1512 la volta terminata svela agli occhi di tutti le sue terribili storie bibliche e le figure di Sibille e Profeti affacciati sull’abisso del futuro con colori forti, decisi, come sculture dipinte.

MICHELANGELO - 1559ca
PIETA' RONDANINI
PARTICOLARE
MILANO, CASTELLO SFORZESCO






Polemiche a non finire, ma vinse lui, a dispetto di chi diceva che non era capace a dipingere ad affresco, delle invidie degli altri artisti e malgrado il suo temperamento tempestoso e tormentato.
È il 1520 e nella tecnica del "non-finito" immette in maniera drammatica l’angoscia dell'artista per la condizione umana, l’ossessione del peccato, della morte, la speranza della salvezza e della liberazione, tutte le sue angosce, le sue ansie e le sue pulsioni, trovando il culmine nella struggente Pietà Rondanini, il suo testamento spirituale a cui era ancora la lavoro nei giorni precedenti la morte.
Le ultime opere monumentali, il Giudizio Universale, la cupola di San Pietro e Piazza Campidoglio, iniziano nel 1534 ma lui ha quasi sessant’anni, è stanco e ossessionato da pensieri di morte.
Dopo una vita intera passata senza un vero amore, chiuso nel suo essere scorbutico e sdegnoso, il terribile vecchio incontra, nel 1537, la donna della sua vita, Vittoria Colonna, l’unica capace di spezzare il cerchio della sua solitudine spirituale non con un vero amore, di cui però ne ha tutta la dolcezza, ma con una profonda amicizia.
Lei morirà dieci anni più tardi, provocandogli un enorme dolore e lasciandolo nuovamente solo a combattere contro i fantasmi della solitudine. 
Michelangelo muore a Roma il 18 febbraio 1564 a 89 anni e il nipote di nascosto trasportò a Firenze il suo corpo, dove gli fecero solenni funerali di stato.
Il suo corpo è sepolto a Firenze a Santa Croce  ma il suo spirito è vivo più che mai e rinasce ogni volta che qualche piccolo, insignificante umano muove lo sguardo verso una delle tante incredibili meraviglie nate dal suo cuore, dalla sua mente e dalle sue mani.                    

domenica 7 settembre 2014

Michelangelo: l'autorità del genio

MICHELANGELO - GIUDIZIO UNIVERSALE - 1536/41
CITTA' DEL VATICANO, CAPPELLA SISTINA
Con il Giudizio Universale, Michelangelo era intervenuto con l’autorità del genio nel problema più scottante del tempo, sostenendo la tesi cattolica della responsabilità contro quella protestante della predestinazione.
Iniziato nel 1536 e terminato nel 1541 nella parete di fondo della Cappella Sistina per volere di Papa Paolo III, il dies Irae che evoca, rompendo con la tradizione iconografica, è ben lontano dai Giudizi dei maestri del passato con le loro schiere di Santi ordinate intorno a Cristo con a debita distanza i dannati che discendono alla loro destinazione infernale.
Dio giudice, nudo, atletico, senza alcuno degli attributi tradizionali di Cristo, è l’immagine della suprema giustizia, che neppure la pietà e la misericordia, rappresentata dalla Madonna implorante, può temperare.
Michelangelo concepisce la composizione come una massa di figure rotanti intorno a Cristo che emerge isolato in un nimbo di luce. Santi e Martiri sono in alto, alcuni dannati invece lottano invano per sfuggire alla stretta dei diavoli, altri si pigiano sulla barca di Caronte, altri ancora si gettano sgomenti nel gorgo e sulla sponda li attende Minosse.
In alto, nelle lunette, angeli recano i simboli della Passione, quasi invocando vendetta.
Lo sgomento invade anche i beati: la giustizia divina è diversa da quella umana, solo Dio ne conosce i motivi e ne è arbitro, come nella grazia.
PARTICOLARE CON SAN BARTOLOMEO

E anche Michelangelo stesso vuole essere in quella bolgia di corpi, a metà tra i beati e i dannati.
E si ritrae, allucinato e spaventoso, nella pelle scuoiata di san Bartolomeo, che scivola verso il basso.
Un’opera meravigliosa, che rivela tutta la maestria michelangiolesca nel disegno del corpo umano colto da qualsiasi punto e angolatura, con giovani atleti dai muscoli mirabili che si snodano e si piegano nelle più svariate direzioni.
E non vi è dubbio che molte idee che avrebbero potuto esprimersi nel marmo di Carrara si affollavano nella sua mente mentre dipingeva.
Poi sopravvenne il clima della Controriforma e la preoccupazione delle gerarchie vaticane di allontanare da Roma le accuse di paganesimo.
Fu così che Daniele da Volterrra, un discepolo di Michelangelo, poco dopo la morte del maestro, nel gennaio del 1564 fu incaricato di coprire con panneggi dipinti a tempera le nudità più vistose: su dieci figure gli indumenti già esistenti furono ampliati, su altri venticinque furono dipinti di sana pianta.
E il povero Daniele ci guadagnò il soprannome di Braghettone.