GIAN LORENZO BERNINI RATTO DI PROSERPINA ROMA, GALLERIA BORGHESE |
Il sentimento dalle mille sfumature e dalle innumerevoli sfaccettature, dalle più romantiche e delicate a quelle più focose e sanguigne.
E innumerevoli sono anche i modi in cui l’amore è stato declinato nell’arte, sia in pittura che in scultura.
In questo campo il più grande e talentuoso è stato Gian Lorenzo Bernini, nato a Napoli nel 1615 da padre anch’esso scultore.
Dotato di incredibile manualità, la sua grandezza sta nell’aver avuto una sconfinata fiducia del suo essere padrone della tecnica, che lo rese capace di realizzare tutto ciò che desiderava.
Dalle sue sculture ottiene la morbidezza della seta, il tepore e il colorito della carne, la leggerezza dei capelli, lo stormire delle fronde, ma soprattutto insegna ad immaginare.
E lo fa con il gioco della luce, con la nuova estetica del Barocco che ricerca sempre le linee curve per esprimere slancio, vitalità e movimento.
E lo fa con il gioco della luce, con la nuova estetica del Barocco che ricerca sempre le linee curve per esprimere slancio, vitalità e movimento.
Tra le prime opere che realizzò, tra il 1615 e il 1625, ci furono le quattro sculture per il cardinal Scipione Borghese che lo resero giustamente subito famoso.
GIAN LORENZO BERNINI RATTO DI PROSERPINA - PARTICOLARE |
Si immagina davvero uno stupro, con il terrore nel volto della ragazza, giovane e indifesa contro un bruto, le mani di lui che la afferrano con violenza fino a farle penetrare le dita nelle cosce e nel fianco di un marmo che sembra molle come il burro e il disperato tentativo di lei di liberarsi con un braccio dalla forza bruta, ma invano.
O ancora Apollo che vuole disperatamente Dafne, che per sfuggirgli chiede alla madre Gea di essere tramutata in una pianta di alloro piuttosto che cedere alle voglie carnali e lussuriose di quel dio così bello ma così crudele.
Immaginiamo un'altra violenza, una voglia malsana di carne e di piacere, una voglia di possesso tutta maschile, che porterà la poverina alla morte.
Ecco, Bernini ci ha regalato l’ultimo anelito di vita di Dafne, mentre diventa alloro, con le foglie che le spuntano già sulle dita, mentre prova disperatamente a fuggire dal suo carnefice che l’ha già presa per il ventre.
Bernini ha reso quell’attimo drammatico: dopo qualche istante Dafne si bloccherà nella staticità più assoluta.
E l’ha fatto usando un motivo ad arco, con linee morbide e fluttuanti nell’aria, con uno sbilanciamento in avanti che rende palpabile la corsa di lei per sfuggire alle voglie di lui.
E l’ha fatto usando un motivo ad arco, con linee morbide e fluttuanti nell’aria, con uno sbilanciamento in avanti che rende palpabile la corsa di lei per sfuggire alle voglie di lui.
Un genio.
Ma non solo amore violento, che in realtà è una contraddizione: l’amore non è mai violento e se lo è non è amore.
Anche l’amore che regala il piacere.
E due sono le figure femminili in cui, seppur in un contesto altamente sacro, Bernini, con il suo irripetibile modo di trattare il marmo, ci fa vedere e toccare quel particolare attimo, fuggente anch’esso, dell’amore, in cui tutto il corpo è pervaso dal piacere e da sensazioni irripetibili.
GIAN LORENZO BERNINI ESTASI DI SANTA TERESA ROMA - S. MARIA DELLA VITTORIA |
L’Estasi di santa Teresa, nella cappella Cornaro della chiesa di santa Maria della Vittoria a Roma, realizzata intorno al 1650, è un monumento scenografico e illusionistico.
Un capolavoro.
Teresa era famosa per le sue estasi durante le quali raggiungeva l’unione mistica con Dio.
Bernini, la coglie, sensuale ed erotica e insieme mistica e spirituale, proprio nell’attimo del rapimento dei sensi, con le vesti scompigliate, abbandonata, la bocca semi aperta, la testa inclinata all’indietro.
Al tempo, questa sua visione suscitò non poche polemiche. Ovvio.
Al tempo, questa sua visione suscitò non poche polemiche. Ovvio.
Ma la sua genialità fu di sospendere la figura su un masso a forma di nuvola la cui base più scura è praticamente invisibile, quindi sembra che Teresa sia sospesa in aria.
La finestrella da cui entra la luce che illumina la scultura, accentuata dall’invenzione dei raggi dorati a far da quinta scenografica.
Un’invenzione che crea meraviglia e stupore, che fonde architettura, scultura, luce e pittura.
Anche nell’Estasi della beata Ludovica Albertoni, del 1674, nella chiesa romana di san Francesco a Ripa, la donna è colta nel momento clou delle sue visioni mistiche.
Un’invenzione che crea meraviglia e stupore, che fonde architettura, scultura, luce e pittura.
Anche nell’Estasi della beata Ludovica Albertoni, del 1674, nella chiesa romana di san Francesco a Ripa, la donna è colta nel momento clou delle sue visioni mistiche.
GIAN LORENZO BERNINI ESTATI DELLA BEATA LUDOVICA ALBERTONI ROMA, SAN FRANCESCO A RIPA |
Bernini quando la scolpì era già settantenne, si racconta che fosse uomo profondamente devoto. Eppure con le sue opere ha acceso la nostra fantasia, ci ha fatto immaginare, andare oltre il reale, superando così le intenzioni di quel realismo tanto caro a Caravaggio.
E nulla vieta di pensare che magari, anche solo per un attimo, nei volti delle due mistiche donne, abbia frugato nella sua memoria per ritrarre quell’attimo fuggente, fonte di gioia, felicità e piacere.