martedì 3 maggio 2016

San Leopoldo: il 'piccolo' grande confessore


Carattere forte, intelligenza aperta, grande nobiltà d’animo, il ‘piccolo’ grande confessore, il ‘gigante’ della misericordia e della fede, l’apostolo del perdono, il frate dalla ‘manica larga’ come lo chiamavano i suoi confratelli a causa della sua benevolenza, l’uomo che irradiava amore, bontà e simpatia.
Il frate che aveva un sogno nel cassetto, quello di cambiare la Chiesa dopo mille anni di silenzio, unendo in un solo abbraccio, con un solo pastore, ortodossi e cattolici, l’Oriente  l’Occidente, con un ecumenismo semplice e schietto che fu la ragione della sua vita.
E, forse con il suo zampino, può essere che si avveri, dopo l'incontro a Cuba alla presenza di Raoul Castro, tra papa Francesco e il patriarca di Mosca Kirill.
L’uomo dal volto pieno di fascino, che emanava luce, così come luminosa era la sua grande anima.
Eccolo Padre Leopoldo Mandić, il frate cappuccino diventato santo che papa Bergoglio ha fortemente voluto in Vaticano per il Giubileo della Misericordia insieme a San Pio da Pietralcina. 
Il frate dal grande carisma, con i lunghi anni passati dentro la sua celletta a parlare con la gente, a rinfrancarla e a regalarle un sorriso, ha dimostrato davvero che la misericordia, come vuole papa Francesco, è un mezzo fondamentale per avvicinarsi a Dio, per coglierne il vero senso di fede, per capire quanto grande sia il suo amore verso di noi, piccoli e miseri mortali.
Nel mio libro, appena edito dalla Editoriale Programma - che potete trovare a 8 euro nel sito www.editorialeprogramma.it - racconto la sua vita, gli aneddoti, i miracoli, i suoi sogni, il film che il regista Antonello Belluco sta girando su di lui, la 'rivalità' con padre Pio e il loro diversissimo modo di accostarsi alle persone e alla fede.
Padre Leopoldo è un uomo che colpisce al cuore, capace di tirar fuori la parte migliore di noi, a cui non si può non voler bene.

domenica 6 dicembre 2015

Maschere africane: un mondo di spiritualità


MASCHERA DA MATRIMONIO
DIPINTA E DECORATA
CON PERLINE POLICROME
GUINEA
SANREMO, COLLEZIONE PRIVATA
Al primo sguardo sembrano oggetti semplici, quasi primitivi.
Ma se solo si va oltre la prima occhiata, ci si trova catapultati in un mondo spirituale e per certi versi onirico.
Già, perché le maschere africane, principalmente quelle della zona occidentale, nascono dal desiderio di uscire dalla condizione umana, dalla volontà di esistere in un altrove sconosciuto, di partecipare alla vita dell’universo.
Le maschere, elemento fondamentale per i riti della religione animista, sono il medium tra il soprannaturale e l’umano e parlano una lingua complicata e simbolica, interpretata solo dagli iniziati che per sapienza, saggezza ed esperienza, sanno tradurre in parole umanamente comprensibili il messaggio che trasmettono.
Ma andiamo per ordine.
Maschera è tutto l’insieme: il costume di stoffa che ricopre il corpo, gli accessori che si tengono in mano o che adornano il danzatore.
Sì, perché in Africa l’elemento fondamentale della vita è la danza, quel fluido nascosto che scorre in tutti gli esseri, umani, animali o vegetali che siano, il magico punto di contatto e di partecipazione dell’uomo con la natura.
In ogni istante della sua esistenza, l’uomo africano è accompagnato dalla danza e dalle maschere.
Si danza durante i matrimoni, le iniziazioni, i riti per la speranza di un buon raccolto o di una buona caccia, per i defunti, per l’arrivo di un nuovo nato: praticamente per tutto.
MASCHERA IN LEGNO COLORATO
CONGO
MILANO, COLLEZIONE PRIVATA
E’ la danza della vita, della speranza, della gioia e del dolore.
Proprio per la loro essenza magica, le maschere non sono quasi mai ritratti di persone: le caratteristiche personali del volto sono volutamente abolite e la struttura, pur dando a prima vista un impatto di grande realismo, è in realtà una sapiente disposizione di volumi e geometrie.
Una scultura di impressione dunque, che nasce all’interno dell’individuo e si espande all’esterno.
La realizzazione ha caratteri davvero straordinari: lo scultore, ricevuti i consigli dal capo delle maschere, quello che noi comunemente chiamiamo stregone, una volta trovato l’albero adatto,  ne ricava la parte occorrente e la trasporta in luogo isolato e protetta da sguardi indiscreti.
Qui, dopo alcuni atti rituali, lavoro fino a che non ha terminato la sua maschera.
Solo al calare della notte rientra al suo villaggio, dove nasconde dallo stregone sia la nuova opera incompiuta sia il suo modello, per poi riprenderseli all’alba e tornare a lavorare nel suo rifugio.
Finito l’intaglio, per levigarla usa foglie rugose, liane, strisce di pelle animale, sabbia, pietre e frammenti d’osso.
MASCHERA IN LEGNO PATINATO
DAN, COSTA D'AVORIO
SANREMO, COLLEZIONE PRIVATA
Per colorarla usa coloranti vegetali ottenuti da foglie macerate, o la immerge nel fango o la annerisce a fuoco.
La patina vera e propria, quella che la fa sembrare morbida e capace quasi di muovere occhi, labbra e guance, si forma con il tempo, con l’applicazione di oli vegetali o con l’aspersione con liquidi sacrificali.
I dettagli decorativi, ottenuti con conchiglie, perline, striscioline di pelle e altri moltissimi materiali, fanno sì che il risultato sia sorprendente, intensificando espressività e il profondo senso magico e sacrale.
Pur non essendo immobilista, l’arte africana delle maschere è fedele allo stile tradizionale, anche se accetta alcune variazioni, e ha subito cambiamenti nel corso dei secoli, ma mai quei periodi di rottura e rinnovamento tipici della nostra cultura.
E’ un’arte con una funzione eminentemente sociale, distante anni luce dal nostro concetto di bello e di arte stessa, con la spiritualità che la fa da padrona, il cui scopo è spiegare, e possibilmente capire, il vero senso dell’esistenza quotidiana e metafisica della vita.

domenica 15 novembre 2015

Cari lettori...






Cari lettori,
sono finalmente tornata!
E con una novità, i video sugli artisti, che potete trovare nella home page.
A prestissimo!