martedì 17 febbraio 2015

Patrimonio artistico: se non ci fossero i privati...

REALE TENUTA DI CARDITELLO - SAN TAMMARO - CASERTA 
Diciamo la verità.
Le istituzioni che dovrebbero tutelare e valorizzare il nostro straordinario, irripetibile, unico e meravigliosamente variegato patrimonio artistico, fanno poco o niente, i ministri parlano, parlano, parlano, ma non agiscono mai.
Non capiscono che l'arte è la nostra ricchezza, ne abbiamo a bizzeffe e dappertutto, e potrebbe essere fonte di lavoro infinito.
Non capiscono neanche, però, che bisogna accudirla come si fa con un bambino.
Loro parlano e riparlano. E basta.
URNA DI ARNTH VELIMNA - II SECOLO A.C.
IPOGEO DEI VOLUMNI - PERUGIA
E i risultati purtroppo si vedono con un chiarezza allucinante: Pompei cade melanconicamente e costantemente a pezzi, la Real tenuta di Carditello, in provincia di Caserta, è un gioiello abbandonato e sepolto dai rifiuti, l’Ipogeo dei Volumni, stupendo sito etrusco funerario, vicinissimo a Perugia (vale un viaggio!) è praticamente introvabile: mancano le indicazioni per arrivarci.
L'elenco completo delle opere, dei siti archeologici e dei monumenti in degrado o a rischio distruzione, è lunghissimo nonché tristissimo come un elenco telefonico.
NUOVO CROLLO A POMPEI
Quindi lo Stato chiede, elemosinando senza ritegno in maniera vergognosa, aiuto alle varie e benemerite associazioni, per fortuna molte, come il Fai o Italia Nostra, a qualche rarissimo imprenditore-mecenate e ai privati cittadini.
Su uno di questi, voglio raccontarvi una storia di qualche anno fa, a lieto fine come le favole, con protagonisti una secolare istituzione religiosa, il capolavoro di una grande artista e un signore straordinariamente colto ma dannatamente e simpaticamente cocciuto.
Era un torrido mercoledì di giugno quando il signore di cui sopra si trova a Milano e, terminati i suoi impegni, si fionda alla Pinacoteca Ambrosiana.
CARAVAGGIO - CANESTRO DI FRUTTA - 1559
MILANO, PINACOTECA  AMBROSIANA
Scendendo lo scalone pensa bene di alzare la testa e riguardare Il riposo durante la fuga in Egitto che Jacopo Bassano dipinse nel 1548 e fu poi acquistata nel 1612 dall’allora parroco del Duomo di Milano, che ne fece dono al cardinal Federico Borromeo, che la inserì nella collezione della nascente Pinacoteca Ambrosiana.
Un quadro meraviglioso in una posizione davvero sfigata.
Già, perché il poverino è in mezzo al triangolo del sublime: il Ritratto di musico di Leonardo, il cartone della Scuola di Atene di Raffaello e il Canestro di frutta di Caravaggio.
Il signore di cui sopra - l’antiquario Pietro Scarpa di Venezia - lo scruta e ha un colpo al cuore: la tela è accartocciata, il colore si stacca, le vernici ottocentesche lo immiseriscono.
RAFFAELLO - CARTONE DELLA SCUOLA DI ATENE - 1509
MILANO, PINACOTECA  AMBROSIANA
Il buon Pietro si offre per restaurare il quadro a sue spese.
Dopo sei mesi il dipinto è al laboratorio di restauro di Serafino Volpin ad Arre di Padova.
Fino a qui sarebbe una bella storia di mecenatismo e amore per l’arte e basta.
Invece no, la favola, continua.

JACOPO BASSANO - IL RIPOSO DURANTE LA FUGA IN EGITTO - 1548
MILANO, PINACOTECA AMBROSIANA

Il piccolo Gesù gioca come un bimbo qualsiasi con il velo straordinariamente trasparente della mamma, con a fianco un Giuseppe esausto che lo guarda senza più neanche fiato per dirgli una parola affettuosa.
Con il restauro, si possono di nuovo  vedere le pennellate sfrangiate, la cromia originale, i lampi di luce, i pastori, l’asino, i cani e la Madonna di una bellezza incredibile visibile grazie alla pulitura che ha eliminato antichi interventi, sporco, polveri e vernici, e all’integrazione di lacune - molte ma di piccola entità - dovute al distacco della materia pittorica.
Il riposo durante la fuga in Egitto è stato esposto alla Fondazione Querini Stampalia di Venezia, proseguendo così la pluridecennale collaborazione con gli Scarpa.
Ed è questo l’aspetto straordinario: l’Ambrosiana, per il suo statuto secolare, non ha mai concesso a nessuna opera di uscire dalle sue mura, nemmeno per mostre importantissime curate dai massimi storici dell'arte.
Pietro Scarpa ci è riuscito.
E non solo.
E' riuscito a salvare un quadro nato nella sua terra e farlo rimanere patrimonio dell'Italia intera.
Morale della favola: amare l’arte crea emozione, riuscire a farla sopravvivere scalda l’anima.

sabato 14 febbraio 2015

Collezionismo: tesori e colpe


FRANS FRANCKEN - 1636 - KUNSTKAMMER
VIENNA, KUNSTHISTORISCHES MUSEUM
Il collezionismo è fenomeno psicologico, non è cultura e non sopravvive nel tempo se non ha dentro valori profondi.Venezia sembrava una gigantesca wunderkammer con sculture greche o romane in ogni palazzo o dimora di una certa ricchezza, mentre dal Cinquecento si moltiplicarono le collezioni di tutte le espressioni d'arte: dipinti, medaglie, pietre dure, tempietti, reliquie e «corpi santi», libri, monete, cippi, stampe, anche di un solo soggetto, magari l'immagine della Beata Vergine, paramenti e arredi, vetri antichi, affreschi, bulini, conchiglie, oggetti napoleonici, volatili «esotici ed indigeni».
ABBONDANZA - GRECIA, V SECOLO
VENEZIA, MUSEO ARCHEOLOGICO
GIA' COLLEZIONE DOMENICO GRIMANI





Quasi che Venezia fosse una città bulimica che fagocitava tutto, anche i falsi, «unendo l'oro alla fanghiglia».
Quel gran ben di Dio, si pensa a più di 100.000 dipinti e centinaia di migliaia di oggetti, fu l'ignaro protagonista di un'inquietante dispersione.
Fu Napoleone, come è nell'immaginario collettivo, l'unico colpevole di acquisire - leggi rubare - così tanti dipinti senza i quali il Louvre sarebbe un museo decisamente meno ricco?
Assolutamente no.
Anzi.
Buona parte di colpa fu dei veneziani stessi, che per denaro non pensarono più di tanto a svendere collezioni dalle connotazioni più variegate a mercanti d'arte, viaggiatori ed ambasciatori che riuscirono a far man bassa in laguna non solo perché si era sfasciato il potere politico della Dominante, ma soprattutto perché erano svaniti la ricchezza e l'amore per l'arte.
PAOLO VERONESE - LA FAMIGLIA DI DARIO DAVANTI AD ALESSANDRO - 1565
LONDRA, NATIONAL GALLERY - GIA' COLLEZIONE PISANI
Solo poche famiglie riuscirono ad evitare lo sfacelo: i Grimani e i Correr che lasciano alla città i loro beni o, come i Querini Stampalia, che fondano addirittura una struttura permanente.
Attraverso le notizie raccolte nelle 225 pagine del manoscritto di Francesco Scipione Capanni, compilato tra il 1877 e il 1889, che racconta di 291 collezioni e di ben 69 diaspore, si muove tra curiosità e storie di dipinti ed oggetti rari, come il libro di preghiere del doge Francesco Morosini che racchiude al suo interno una piccola pistola, il cui scatto si ottiene tirando un cordoncino all'interno del libro.
LIBRO DI PREGHIERE DEL DOGE FRANCESCO MOROSINI
VENEZIA, MUSEO CORRER
Ma se questa chicca è fortunatamente al Museo Correr, infinite sono le vendite: i Pisani vendono un Paolo Veronese, l'ultimo Barbarigo aliena addirittura lo stemma di famiglia con tre fanali di galea e 33 cavalli intagliati, la raccolta dei Nani parte per Vienna, dipinti di Tiziano, Giorgione, Mantegna, Leonardo, Caravaggio e Dürer sono venduti da Nicolò Renieri già nel 1698.
Le tre età dell'uomo di Giorgione emigrano per Firenze e vanno a vivere sotto i Medici già dal 1698.
GIORGIONE - LE TRE ETA' DELL'UOMO - 1500/1501
FIRENZE, GALLERIA PALATINA
GIA' COLLEZIONE NICOLO' RENIERI
Il Grand Tour, è inteso più come shopping expedition che viaggio di educazione, e i dipinti varcano il vallo adrianeo per giungere ad Edimburgo, dove il museo parla veneziano, con capolavori come le due Diana, opere di Tiziano nella piena maturità e venduti da lui stesso a Filippo II di Spagna ed ora «in prestito dal duca di Sutherland dal 1945» o la Deposizione di Jacopo Tintoretto rubata, come ricorda il Ridolfi nel 1648, da San Francesco della Vigna o ancora autografi di Veronese, Bassano o Lotto, comprati all'inizio del Seicento dal duca di Hamilton.
E, ancora una volta, Venezia si ritrova e si celebra altrove.

domenica 8 febbraio 2015

Lorenzo Lotto: originale e vagabondo


LORENZO LOTTO - MADONNA CON BAMBINO E SANTI
OLIO SU TAVOLA, FIRMATO - 1503 ca.
 ROMA, COLLEZIONE BENUCCI
E’ stato per anni considerato figura di secondo piano, ma Lorenzo Lotto, nato a Venezia intorno al 1480, è senz'altro massimo artista dall’indole originale e dalla vasta complessità della cultura artistica.
Ora lo si sta celebrando a Roma, nella mostra Lorenzo Lotto e i tesori artistici di Loreto a Castel Sant’Angelo dal 3 febbraio al 3 maggio (orario 9 – 19), curata dal professor Giovanni Morello.
Inquieto di carattere, sembra un nomade che gira freneticamente l’Italia ‘rubando’ i succhi più vari della cultura figurativa, pur rimanendo sempre pittore dalla forte sensibilità condita da insoddisfazione.
E' un pittore intelligente e curioso e si evolve, cosa non da tutti.
Certo è che all’inizio non può non subire il fascino di Giovanni Bellini e della pittura fiamminga di Dürer, che bazzicava a Venezia come tanti altri suoi compaesani, come è visibile chiaramente nella tavola della Madonna con Bambino e Santi, di collezione privata.
LORENZO LOTTO - 1523
SPOSALIZIO MISTICO DI SANTA CATERINA
BERGAMO, ACCADEMIA CARRARA
Quando arriva nelle Marche, a Recanati per la precisione, e infine nel 1509 a Roma, si avvicina a Raffaello, da cui prende quella sottile inquietudine che caratterizza tante sue opere.
Basta guardare le due versioni de Lo sposalizio mistico di santa Caterina, una a Monaco all’Alte Pinakothek e l’altra all’Accademia Carrara di Bergamo, per capire: da un’impostazione belliniana rinnovata da un colore contrastato e nordico a un ritmo compositivo più mosso e venato di eleganze manieristiche.
Ancora in giro per l’Italia: dal 1513 al 1526 è a Bergamo, dove dipinge splendide pale d’altare: l'impostazione belliniana si scompagina in ritmi più mossi e accenti più emotivi nel volgere improvviso di alcune figure e nel rapido roteare degli angeli a sostenere panneggi e baldacchini, accendendosi in tonalità vivide e fredde.
Quando nel 1529 ritorna a Venezia, trova la città inesorabilmente dominata dal divin pittore, ovvero Tiziano.
Ubi maior, minor cessat, dicevano gli antichi romani.
Così, il povero Lorenzo continua il suo peregrinare, andando avanti e indietro dalle Marche, dove morirà a Loreto nel 1556,  spinto sia dall’insoddisfazione che dal bisogno.
Però si prende una rivincita dipingendo fenomenali ritratti.
LORENZO LOTTO - RITRATTO DI ANDREA ODONI -1527
CASTELLO DI WINDSOR, ROYAL COLLECTION
I suoi soggetti appartenevano a un ceto sociale più basso di quelli di Tiziano e più che nobili o dogi si trattava di mercanti, bottegai e professionisti.
E’ però chiaro che molti di loro avevano gusti estetici e intellettuali assai sofisticati e per soddisfarli, Lotto elaborò una formula di ritratto molto diversa da quella abitualmente usata da Tiziano.
I formati sono tipicamente orizzontali più che verticali e il personaggio è collocato in un ambiente che spesso si carica di significati simbolici.
LORENZO LOTTO
 RITRATTO DI LUCREZIA VALIER - 1533
LONDRA, NATIONAL GALLERY
Nel ritratto di Andrea Odoni, del 1527, il ricco mercante di origine milanese - la cui raffinata collezione di opere d’arte è descritta nel dettaglio da Michiel - esibisce sei frammenti di sculture in marmo che paiono ammonire sulla transitorietà dei possessi terreni.
L’espressione melanconica e l’ostentazione gestuale, con una mano che porge un oggetto emblematico e l’altra sul cuore, sono in sintonia con questo messaggio moralizzante.
Analogamente, nel ritratto di Lucrezia Valier, la posa abbastanza goffa è pensata non per essere elegante e naturale alla maniera di Tiziano, ma per convogliare l’attenzione sul disegno e sul foglio con la scritta che istituiscono un esplicito parallelo tra la donna e la sua omonima classica, Lucrezia, che aveva preferito morire piuttosto che perdere la virtù.
LORENZO LOTTO - GENTILUOMO NELLO STUDIO - 1530 ca.
VENEZIA, GALLERIE DELL'ACCADEMIA
Formidabile poi la brillante esecuzione del vestito verde e arancio, del velo trasparente adagiato sulle spalle e del gioiello che sporge dal corsetto.
Nel Gentiluomo nello studio, la luce soffusa, che entra dallo spiraglio della finestra, avvolge il personaggio in un’aura di tale malinconia e mistero che è quasi impossibile staccare gli occhi da quel capolavoro.