domenica 8 febbraio 2015

Lorenzo Lotto: originale e vagabondo


LORENZO LOTTO - MADONNA CON BAMBINO E SANTI
OLIO SU TAVOLA, FIRMATO - 1503 ca.
 ROMA, COLLEZIONE BENUCCI
E’ stato per anni considerato figura di secondo piano, ma Lorenzo Lotto, nato a Venezia intorno al 1480, è senz'altro massimo artista dall’indole originale e dalla vasta complessità della cultura artistica.
Ora lo si sta celebrando a Roma, nella mostra Lorenzo Lotto e i tesori artistici di Loreto a Castel Sant’Angelo dal 3 febbraio al 3 maggio (orario 9 – 19), curata dal professor Giovanni Morello.
Inquieto di carattere, sembra un nomade che gira freneticamente l’Italia ‘rubando’ i succhi più vari della cultura figurativa, pur rimanendo sempre pittore dalla forte sensibilità condita da insoddisfazione.
E' un pittore intelligente e curioso e si evolve, cosa non da tutti.
Certo è che all’inizio non può non subire il fascino di Giovanni Bellini e della pittura fiamminga di Dürer, che bazzicava a Venezia come tanti altri suoi compaesani, come è visibile chiaramente nella tavola della Madonna con Bambino e Santi, di collezione privata.
LORENZO LOTTO - 1523
SPOSALIZIO MISTICO DI SANTA CATERINA
BERGAMO, ACCADEMIA CARRARA
Quando arriva nelle Marche, a Recanati per la precisione, e infine nel 1509 a Roma, si avvicina a Raffaello, da cui prende quella sottile inquietudine che caratterizza tante sue opere.
Basta guardare le due versioni de Lo sposalizio mistico di santa Caterina, una a Monaco all’Alte Pinakothek e l’altra all’Accademia Carrara di Bergamo, per capire: da un’impostazione belliniana rinnovata da un colore contrastato e nordico a un ritmo compositivo più mosso e venato di eleganze manieristiche.
Ancora in giro per l’Italia: dal 1513 al 1526 è a Bergamo, dove dipinge splendide pale d’altare: l'impostazione belliniana si scompagina in ritmi più mossi e accenti più emotivi nel volgere improvviso di alcune figure e nel rapido roteare degli angeli a sostenere panneggi e baldacchini, accendendosi in tonalità vivide e fredde.
Quando nel 1529 ritorna a Venezia, trova la città inesorabilmente dominata dal divin pittore, ovvero Tiziano.
Ubi maior, minor cessat, dicevano gli antichi romani.
Così, il povero Lorenzo continua il suo peregrinare, andando avanti e indietro dalle Marche, dove morirà a Loreto nel 1556,  spinto sia dall’insoddisfazione che dal bisogno.
Però si prende una rivincita dipingendo fenomenali ritratti.
LORENZO LOTTO - RITRATTO DI ANDREA ODONI -1527
CASTELLO DI WINDSOR, ROYAL COLLECTION
I suoi soggetti appartenevano a un ceto sociale più basso di quelli di Tiziano e più che nobili o dogi si trattava di mercanti, bottegai e professionisti.
E’ però chiaro che molti di loro avevano gusti estetici e intellettuali assai sofisticati e per soddisfarli, Lotto elaborò una formula di ritratto molto diversa da quella abitualmente usata da Tiziano.
I formati sono tipicamente orizzontali più che verticali e il personaggio è collocato in un ambiente che spesso si carica di significati simbolici.
LORENZO LOTTO
 RITRATTO DI LUCREZIA VALIER - 1533
LONDRA, NATIONAL GALLERY
Nel ritratto di Andrea Odoni, del 1527, il ricco mercante di origine milanese - la cui raffinata collezione di opere d’arte è descritta nel dettaglio da Michiel - esibisce sei frammenti di sculture in marmo che paiono ammonire sulla transitorietà dei possessi terreni.
L’espressione melanconica e l’ostentazione gestuale, con una mano che porge un oggetto emblematico e l’altra sul cuore, sono in sintonia con questo messaggio moralizzante.
Analogamente, nel ritratto di Lucrezia Valier, la posa abbastanza goffa è pensata non per essere elegante e naturale alla maniera di Tiziano, ma per convogliare l’attenzione sul disegno e sul foglio con la scritta che istituiscono un esplicito parallelo tra la donna e la sua omonima classica, Lucrezia, che aveva preferito morire piuttosto che perdere la virtù.
LORENZO LOTTO - GENTILUOMO NELLO STUDIO - 1530 ca.
VENEZIA, GALLERIE DELL'ACCADEMIA
Formidabile poi la brillante esecuzione del vestito verde e arancio, del velo trasparente adagiato sulle spalle e del gioiello che sporge dal corsetto.
Nel Gentiluomo nello studio, la luce soffusa, che entra dallo spiraglio della finestra, avvolge il personaggio in un’aura di tale malinconia e mistero che è quasi impossibile staccare gli occhi da quel capolavoro.

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