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mercoledì 10 gennaio 2018

Ambrogio Lorenzetti: l'attualità politica della sua arte

Ambrogio Lorenzetti - Allegoria del Buon Governo sulla città e sul contado - 1338  - affresco - Siena, Palazzo Pubblico
Sarebbe un sogno se oggi avessimo un buon governo in grado di far lavorare tutti, far vivere i cittadini in serenità e sicurezza e se gli stessi governanti fossero onesti, intelligenti e lungimiranti. Ma è decisamente una chimera...
A rendere tangibile questa chimera però ci ha pensato Ambrogio Lorenzetti, pittore della scuola senese nato nel 1290 e morto di peste nel 1348 insieme al fratello Pietro, anche lui valente pittore.
Di Ambrogio, Lorenzo Ghiberti e Vasari scrissero che fu artista letterato, filosofo, studioso dell’antico e la conferma viene dal carattere intellettuale della sua opera.
Ambrogio Lorenzetti - Maestà -1335
Massa Marittima, Museo di Arte Sacra
Dopo le opere giovanili, ancora piuttosto statiche nei gesti anche se già sorridenti e vivaci nelle espressioni, trova man mano una progressiva sicurezza fino alla creazione di gruppi monumentali, come la splendida Maestà del 1335 al Museo di Arte Sacra di Massa Marittima, la Presentazione al Tempio del 1342 per il duomo di Siena ma ora alla Galleria degli Uffizi, con straordinarie prospettive e ambienti particolarmente complessi, resi ancor più evidenti dall’uso degli archi o scene dinamiche come gli affreschi per la chiesa di San Francesco a Siena.
E’ nel 1338 che Ambrogio inizia la sua opera maggiore, gli affreschi con l’affascinante Allegoria del Buono e del Cattivo Governo in città e nel contado per la Sala dei Nove ora Sala della Pace nel Palazzo Pubblico di Siena: colta, raffinata e ricca di suggestioni intelligenti e particolari.
Ambrogio Lorenzetti - Pace
Siena, Palazzo Pubblico, Sala dei Nove
Lorenzo Ghiberti, scultore, orafo e anche letterato, nei suoi Commentari scritti nel 1447, descrive l’opera di Ambrogio come il più famoso ciclo murale della pittura senese e un’opera assolutamente unica nel suo genere per l’ispirazione politica e per le finalità didascaliche e morali.
Ma in essa Ambrogio riuscì a dare anche una visione ampia, aderentissima e straordinaria della vita della società trecentesca.
Nell’allegoria, dove il Buon Governo è rappresentato come un vecchio gigantesco e maestoso in abiti imperiali a cui il popolo, protetto dai soldati in armi si stringe fiducioso, sono raffigurate la Magnanimità, la Moderazione e la Giustizia, la Prudenza, la Fermezza, la Pace e la Sicurezza.
Quella della Pace è la più bella tra le figure della composizione tanto che ha dato il nome attuale alla sala: si tratta di una fanciulla mollemente adagiata su un divano, semplicemente vestita di una tunica bianca quasi trasparente, con i capelli biondi incoronati da fronde di ulivo, che calpesta un elmo e uno scudo, emblemi di guerra; sopra il suo capo compare la scritta PAX.
Ambrogio Lorenzetti - Allegoria degli effetti del Buon Governo - 1338
affresco - Siena, Palazzo Pubblico
Ai piedi delle Virtù, i cittadini amichevolmente uniti alludono alla fine delle antiche fazioni che avevano diviso la città e, più oltre, una veduta di Siena è animata da un gruppo di nobili fanciulle che danzano davanti alla porta della città, da mercanti a cavallo, da contadini di ritorno dai campi e da altre scene di vita quotidiana.
Sullo sfondo, in un paesaggio dolcemente collinoso, piantato a ulivi e a filari di viti, ecco la Sicurezza che solca il cielo volando e tenendo nella mano sinistra una forca da cui pende un malfattore.
Ambrogio dà qui una preminenza assoluta alla rappresentazione del paesaggio, sia urbano che campestre, cogliendone gli aspetti più caratteristici, vivi e realistici.
Ambrogio Lorenzetti - Allegoria del Cattivo Governo - 1338
affresco - Siena, Palazzo Pubblico
La prosperità della città ben governata si rivela innanzitutto nell’eleganza e nell’armonia dei suoi edifici che formano un policromo fondale lungo le strade e attorno alle piazze, dove si muove una complessa e ben articolata società fatta anche di giovani patrizie che danzano uno spensierato girotondo. Sulla parete di fronte è rappresentato il Cattivo Governo, accompagnato da Vizi che lo caratterizzano: la Tirannia, l’Orgoglio, la Vanità, il Tradimento, la Crudeltà.
Vizi che ai giorni nostri, ahimè, sono ben più imponenti, radicati in ogni fascia della classe politica, di qualunque colore essa sia.
Di Ambrogio rimangono anche una Presentazione al Tempio, alla Galleria degli Uffizi, un’Annunciazione alla Pinacoteca Nazionale di Siena - probabilmente il suo ultimo dipinto dove significativo è lo studio prospettico del trono e del pavimento -, alcune bellissime Madonne in cui all’appassionata immediatezza si unisce una sottigliezza di indagini stilistiche e di ricerche formali inedite.
Ambrogio Lorenzetti - Castello sul lago - Siena, Pinacoteca Nazionale
Per finire, due fantastiche tavolette, rispettivamente con la Città sul mare e con il Castello su un lago, sempre a Siena alla Pinacoteca Nazionale, che rappresentano i primi saggi di pittura di paesaggio di tutta l’Europa.
Forse le tavolette facevano parte di un complesso più ampio, come le ante di un armadio. Sono due efficacissime visioni per la purezza disegnativa e il tocco sapiente dei lumi, da cui nasce quel tremulo eppure nitido bagliore dai riflessi cristallini propri di Ambrogio.
Ed è incantato il silenzio che sublima gli oggetti preziosi, immoti, che segnano, nel trascolorare dei verdi e dei rosa, le fasi in cui si sviluppano le due scene.

domenica 21 settembre 2014

Simone Martini, la luce del Medio Evo

SIENA NEL MEDIO EVO
Fate un gioco: immaginate di essere catapultati nel bel mezzo del Medioevo. 
La vita quotidiana scandita dal suono delle campane, le case e le botteghe illuminate dalle candele e dalle lampade a olio. Si mangia quel che si trova e si è fortunati se non si muore di peste.
Immaginate di essere a Siena all'inizio del Trecento e di vedere per le strade piene di giullari e predicatori in odore di stregoneria o di scomunica, un ragazzo, magari con i vestiti rammendati e un po’ sporchino, perché in quell’epoca ci si lavava ben poco, che va a pulir pennelli nella bottega di un pittore già affermato.
E’ lì, da Duccio di Boninsegna che quel ragazzo impara la pittura. Impara presto perché ha talento da vendere.  
A quel ragazzo, i senesi danno il tempo di impratichirsi e dopo qualche anno gli commissionano affreschi e dipinti per cui avrà gloria perenne nella storia, oltre al ringraziamento di noi comuni mortali del terzo millennio per il regalarci così tante emozioni e meraviglie: è Simone Martini, il simbolo dell’eleganza gotica.
Proprio lui, che era il corrispettivo in pittura di quel che Petrarca era in poesia.
Di Simone, due opere in particolare tolgono il fiato.
La prima è un affresco nella Sala del Consiglio del Palazzo Pubblico di Siena, Guidoriccio da Fogliano all’assedio di Montemassi, dipinto nel 1330.
Un affresco grande, quasi 10 metri per tre e mezzo che copre tutta la parete che continua a essere il centro di polemiche per i restauri che hanno evidenziato rifacimenti nella parte sinistra, quindi mettendo in discussione il nome di Simone, ma anche per la lamina d'argento che ricopriva la gualdrappa e l'armatura del cavallo. Da ricordare, su questo punto, che Simone era affascinato dall'oreficeria e usava spesso le punzonature tipiche dell'arte orafa senese del XIV secolo. Ma, al di là delle polemiche, Guidoriccio resta e resterà per sempre un capolavoro.
L’immagine celebra il condottiero che aveva conquistato anche il castello di Sassoforte per i senesi, che poi lo perderanno, lo riconquisteranno e lo perderanno ancora ma va beh, la storia è fatta di sconfitte e vittorie.

SIMONE MARTINI - GUIDORICCIO DA FOGLIANO - SIENA, PALAZZO PUBBLICO
Lui è grandioso: in bilico tra la concretezza realistica dei singoli dettagli e il favoloso, irreale, effetto d’insieme.
E’ da solo, in una landa sabbiosa  e deserta. In dieci metri di colori quasi neutri, non c’è nessun altro. Si vedono gli accampamenti militare, i castelli, i monti, le bandiere ma non c’è anima viva.
E’ lui, vittorioso, con uno straordinario mantello a losanghe.
Lo immaginiamo urlare al mondo che si può vincere anche da soli, che sì ci vuole forza, coraggio e forse fortuna, ma si può.
Ma Simone non era solo questo.
Simone era poesia, eleganza, raffinatezza, bellezza spirituale.
SIMONE MARTINI - ANNUNCIAZIONE
FIRENZE, GALLERIA DEGLI UFFIZI
Nata nel 1333 per il Duomo di Siena, ora agli Uffizi, la sua Annunciazione lascerà un segno in tutta la storia dell’arte a venire. Guardatela.
E’ misteriosa e affascinante. L’oro del fondo accoglie in uno spazio irreale, quasi fosse un velo protettore, le sagome aristocratiche dei due protagonisti.
Ma è lei, la Madonna, quel qualcosa in più che fa di un quadro un capolavoro.
Lei, con la paura, così umana e femminile, di quell'annuncio che si materializza nel colore che pare fuggire davanti alla sola luce dell’angelo.
Lei, che come la donna celebrata dal Petrarca, è immersa nella luce ma non la emana.
Lei, con quel suo ritrarsi che la rende ancor più vera, con lo sguardo attonito contrapposto al sorriso accennato dell’angelo che le porge un ramo d'ulivo e non i gigli, simbolo dell’odiata Firenze che però devono vedersi, nel vaso dietro, perché anche simbolo di verginità. E con le regole dell’iconografia cristiana si poteva scherzare poco, anzi, pochissimo.
Eccoli i capolavori di Simone, nati in quel Medio Evo che per gli storici è un'epoca buia, quasi selvaggia, ma che è la base della modernità per la letteratura, la filosofia, la politica vera e la storia dell’arte.
L’epoca in cui Dante aveva già scritto la Divina Commedia, Petrarca i suoi sonetti, Boccaccio il suo Decamerone e la musica era dolce e lieve come un dono divino.
Un’epoca in cui Marco Polo era già stato in Cina, in cui nascono capolavori dell’oreficeria e le biblioteche laiche, in cui nascono edifici come la cattedrale di Santa Maria del Fiore a Firenze, la Basilica di San Marco a Venezia e il Duomo di Milano. 
E, scusate, a me non pare affatto un’epoca buia. Anzi, direi che è luminosissima.