Visualizzazione post con etichetta MEDIO EVO. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta MEDIO EVO. Mostra tutti i post

giovedì 2 ottobre 2014

In mostra a Fabriano la bellezza del Medio Evo


GIOTTO - SAN FRANCESCO
Un luogo incantevole che riporta a tempi lontani e suggestivi.
Gli archi del cortile di quello che fu un convento risucchiano le emozioni e le restituiscono ancora più forti, ora che si possono guardare da vicino cento opere di maestri, da Giotto a Gentile da Fabriano, tra cui pale d’altare, sculture lignee dipinte, affreschi, oreficerie, miniature e manoscritti.
Non c’è molto tempo ancora: il 14 novembre infatti chiuderà la mostra “Da Giotto a Gentile. Pittura e scultura fra Duecento e Trecento”, alla Biblioteca Civica Bruno Malajoli di Fabriano e in altre tre chiese della zona. 
ALLEGRETTO NUZI
TRITTICO - PARTICOLARE
Si percepisce, semplicemente stando lì, in quel cortile e poi salendo le scale, la fede di allora, di quando, attraverso gli Appennini, giungevano gli echi degli affreschi di Giotto ad Assisi che cambiarono il volto a un’epoca. 
Nomi celeberrimi e nomi di artisti sconosciuti, alcuni addirittura senza neanche un nome conosciuti solo da pochi studiosi e appassionati, che ora finalmente si mettono in mostra per farsi conoscere dal grande pubblico.
Un percorso che mostra come sia ormai alle spalle l’arte bizantina, quasi che Giotto avesse tradotto l’arte dal greco al latino, anzi a quella lingua ‘volgare’ di Dante che corrisponde perfettamente ai personaggi così umani che dipinse.
E Ancora Pietro Lorenzetti, Bernardo Daddi e Gentile da Fabriano, con il suo stile così particolare, poetico direi, tanto da diventare il massimo esponente del gotico internazionale, ma che doveva essere un uomo inquieto tanto da non riuscire a fermarsi in nessun posto e viaggiare continuamente seguendo i lavori che gli proponevano.
Anche Allegretto Nuzi, nato e vissuto a Fabriano, finalmente ha i suoi giorni di gloria, mostrando i suoi santi così eleganti, così eterei, che appaiono leggeri e flebili come se la loro sostanza fosse la raffinatezza e null’altro.
MAESTRO DI CAMPODONICO
ANNUNCIAZIONE
Una vera chicca è l ’Annunciazione del Maestro di Campodonico, un affresco staccato restaurato per l’occasione in maniera impeccabile, così distante dai tanti, troppi restauri che invece di curare distruggono, ridipingendo in maniera selvaggia, per poter esporre in tante, troppe, mostre inutili opere a prima vista perfette, ma a cui è stata tolta interamente l’anima.
Sì, proprio quell’anima che dall’artista scivola silenziosa dentro le sue opere, che fa emozionare e venire la pelle d’oca, che ci ricorda inesorabilmente che il tempo rovina e distrugge anche gli oggetti preziosi.
MAESTRO DEI MAGI
RE MAGIO
Non solo pittura però.
Anche molte sculture lignee policrome, con inserimenti di foglia d’oro per renderle ancora più formidabili nella loro tridimensionalità nata dalla luce e dai riflessi.
Sembrano persone che quasi ci parlano, ci invitano a farsi ammirare, impeccabili nelle loro proporzioni, dai volti sereni che paiono ritratti, dalle pose naturali e tenerissime.
Una mostra che vale - il cui comitato scientifico è composto  da storici dell’arte che hanno dedicato la loro vita a studiare silenziosamente e senza clamori mediatici l’arte e non solo quella marchigiana - perché ci riporta alle nostre radici, in un aura di leggiadria, splendore, intimismo, silenzio e pace.
E di pace ne abbiamo bisogno tutti.

domenica 21 settembre 2014

Simone Martini, la luce del Medio Evo

SIENA NEL MEDIO EVO
Fate un gioco: immaginate di essere catapultati nel bel mezzo del Medioevo. 
La vita quotidiana scandita dal suono delle campane, le case e le botteghe illuminate dalle candele e dalle lampade a olio. Si mangia quel che si trova e si è fortunati se non si muore di peste.
Immaginate di essere a Siena all'inizio del Trecento e di vedere per le strade piene di giullari e predicatori in odore di stregoneria o di scomunica, un ragazzo, magari con i vestiti rammendati e un po’ sporchino, perché in quell’epoca ci si lavava ben poco, che va a pulir pennelli nella bottega di un pittore già affermato.
E’ lì, da Duccio di Boninsegna che quel ragazzo impara la pittura. Impara presto perché ha talento da vendere.  
A quel ragazzo, i senesi danno il tempo di impratichirsi e dopo qualche anno gli commissionano affreschi e dipinti per cui avrà gloria perenne nella storia, oltre al ringraziamento di noi comuni mortali del terzo millennio per il regalarci così tante emozioni e meraviglie: è Simone Martini, il simbolo dell’eleganza gotica.
Proprio lui, che era il corrispettivo in pittura di quel che Petrarca era in poesia.
Di Simone, due opere in particolare tolgono il fiato.
La prima è un affresco nella Sala del Consiglio del Palazzo Pubblico di Siena, Guidoriccio da Fogliano all’assedio di Montemassi, dipinto nel 1330.
Un affresco grande, quasi 10 metri per tre e mezzo che copre tutta la parete che continua a essere il centro di polemiche per i restauri che hanno evidenziato rifacimenti nella parte sinistra, quindi mettendo in discussione il nome di Simone, ma anche per la lamina d'argento che ricopriva la gualdrappa e l'armatura del cavallo. Da ricordare, su questo punto, che Simone era affascinato dall'oreficeria e usava spesso le punzonature tipiche dell'arte orafa senese del XIV secolo. Ma, al di là delle polemiche, Guidoriccio resta e resterà per sempre un capolavoro.
L’immagine celebra il condottiero che aveva conquistato anche il castello di Sassoforte per i senesi, che poi lo perderanno, lo riconquisteranno e lo perderanno ancora ma va beh, la storia è fatta di sconfitte e vittorie.

SIMONE MARTINI - GUIDORICCIO DA FOGLIANO - SIENA, PALAZZO PUBBLICO
Lui è grandioso: in bilico tra la concretezza realistica dei singoli dettagli e il favoloso, irreale, effetto d’insieme.
E’ da solo, in una landa sabbiosa  e deserta. In dieci metri di colori quasi neutri, non c’è nessun altro. Si vedono gli accampamenti militare, i castelli, i monti, le bandiere ma non c’è anima viva.
E’ lui, vittorioso, con uno straordinario mantello a losanghe.
Lo immaginiamo urlare al mondo che si può vincere anche da soli, che sì ci vuole forza, coraggio e forse fortuna, ma si può.
Ma Simone non era solo questo.
Simone era poesia, eleganza, raffinatezza, bellezza spirituale.
SIMONE MARTINI - ANNUNCIAZIONE
FIRENZE, GALLERIA DEGLI UFFIZI
Nata nel 1333 per il Duomo di Siena, ora agli Uffizi, la sua Annunciazione lascerà un segno in tutta la storia dell’arte a venire. Guardatela.
E’ misteriosa e affascinante. L’oro del fondo accoglie in uno spazio irreale, quasi fosse un velo protettore, le sagome aristocratiche dei due protagonisti.
Ma è lei, la Madonna, quel qualcosa in più che fa di un quadro un capolavoro.
Lei, con la paura, così umana e femminile, di quell'annuncio che si materializza nel colore che pare fuggire davanti alla sola luce dell’angelo.
Lei, che come la donna celebrata dal Petrarca, è immersa nella luce ma non la emana.
Lei, con quel suo ritrarsi che la rende ancor più vera, con lo sguardo attonito contrapposto al sorriso accennato dell’angelo che le porge un ramo d'ulivo e non i gigli, simbolo dell’odiata Firenze che però devono vedersi, nel vaso dietro, perché anche simbolo di verginità. E con le regole dell’iconografia cristiana si poteva scherzare poco, anzi, pochissimo.
Eccoli i capolavori di Simone, nati in quel Medio Evo che per gli storici è un'epoca buia, quasi selvaggia, ma che è la base della modernità per la letteratura, la filosofia, la politica vera e la storia dell’arte.
L’epoca in cui Dante aveva già scritto la Divina Commedia, Petrarca i suoi sonetti, Boccaccio il suo Decamerone e la musica era dolce e lieve come un dono divino.
Un’epoca in cui Marco Polo era già stato in Cina, in cui nascono capolavori dell’oreficeria e le biblioteche laiche, in cui nascono edifici come la cattedrale di Santa Maria del Fiore a Firenze, la Basilica di San Marco a Venezia e il Duomo di Milano. 
E, scusate, a me non pare affatto un’epoca buia. Anzi, direi che è luminosissima.