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martedì 14 aprile 2015

Alfredo Barbini: l'incontenibile leggerezza del vetro

ALFREDO BARBINI AL LAVORO NEGLI ANNI '40
Era un uomo introverso, severissimo sul lavoro: voleva che tutto fosse perfetto perché tecnicamente era bravissimo e se c’era un difetto lo faceva notare pesantemente.
Ma è stato uno dei maestri vetrai più importanti del Novecento, un grande innovatore”.
Così Livio Seguso racconta Alfredo Barbini, suo zio da parte materna, classe 1912, eccelso figlio dell’isola del vetro chiamata Murano.
Sono ricordi di quando lavoravano insieme, immagini di una collaborazione durata fino al 1958, quando i due si divisero, con non pochi attriti, per intraprendere strade diverse.
ALFREDO BARBINI - CENTRO TAVOLA
VETRO MASSELLO CON INCLUSIONI DI FUMI E COCCODRILLO,
INCALMO SUL BORDO CON ORO SOMMERSO
Fu difficile lasciarlo - dice Seguso - ma non avevo autonomia con lui, così dovetti prendere per forza quella decisione”.
E così fu.
Livio virò decisamente verso la purezza di sculture fatte di luce e contaminate anche da altri materiali, Alfredo verso sculture direttamente scolpite nel vetro, lasciandosi dietro il vetro soffiato, vera icona di Murano.
Già, il vetro, sempre lui, quel materiale difficilissimo da domare come un cavallo imbizzarrito.
Ma quando ci riesci, e non è facile per niente, ottieni oggetti vibranti, morbidi, sensuali, colmi di forza, di colore, di sfumature e di magia.

ALFREDO BARBINI E NAPOLEONE MARTINUZZI
NUDO DI DONNA
PASTA BIANCA E FOGLIA ORO
Alfredo iniziò quasi da bambino a lavorare con il vetro per poi collaborare, dal 1932 al 1936, con Napoleone Martinuzzi, altro grande personaggio e scultore, che gli farà amare e modellare il vetro massello, ovvero massiccio.
Lo stesso Barbini dirà che quando scolpiva quella materia ribollente e molle, sentiva che le sue mani erano guidate da una forza interiore.
E lui “plasmava il blocco di vetro in modo sublime” ricorda ancora Livio, “attraverso i movimenti del corpo”.
La sua vocazione scultorea Alfredo l’aveva davvero dentro l’anima.
ALFREDO BARBINI - DUE VOLATILI E UN PESCE
VETRO TRASPARENTE ACCIAIO CON INCISIONI TURCHESI
Si manifesta dagli esordi, intorno alla fine degli anni Venti, all’inizio con opere figurative, poi astratte, dal sapore vagamente evocativo.
Inventa sculture femminili di un’armonia incredibile, animali come la tigre striata, pesci, vasi, di un solo colore ma dagli infiniti riflessi cangianti.
La morbidezza che Alfredo riusciva a infondere a quei blocchi di materia così duri e pesanti era davvero fenomenale.
Quasi che volesse ribaltare nell’apparente immobilità di quella materia il suo ego, così rigido, in opere così leggiadre e fluttuanti.
ALFREDO BARBINI - VULCANO
VETRO AMETISTA E ACQUAMARINA
QUATTRO BOLLE ARANCIO APERTE
In lui il fattore tecnico è sempre stato una componente fondamentale, perché non si poneva come obiettivo solo la qualità formale ma anche il superamento di difficoltà tecniche nella lavorazione manuale del vetro incandescente.
E fu un innovatore: le sue figure infatti sono modellate su un unico blocco e inventa un vetro semi opaco, spesso con stratificazioni di vetri a tonalità diverse, tali da accentuare la consistenza plastica delle sue opere.
Barbini inventò poi il vetro “fumato” perché amava i colori scuri con cui poter giocare con tutta la gamma di sfumature possibili.
Con le sculture Vulcano, degli anni ’50, suggestive e policrome, Barbini vara un espediente tecnico: la bolla soffiata e inserita nella parete e tutto appare come la superficie di un magma ribollente.
Partecipa anche a varie edizioni della Biennale di Arte con sculture dalla superficie corrosa ad acido, con i famosissimi vetri “sommersi” con i pesci che paiono nuotare dentro un acquario o con piatti/sculture dall’astratto minimalismo.
ALFREDO BABRBINI - PESCI
LAVORAZIONE A VETRO SOMMERSO
La sua fornace era un’altra sua invenzione, costruita in modo particolarissimo e come lui stesso aveva progettato: intere pareti di vetrate di diverse tonalità di colore, per avere la stessa luce in ogni momento della giornata, dall’alba al tramonto.
A novant’anni va ancora in fornace e realizza opere di una freschezza e di una bellezza straordinaria.
Alfredo Barbini muore il 13 febbraio del 2007, lasciando in eredità al mondo le sue invenzioni pesantissime nella realtà, ma leggere e morbide come un sogno.
 
Questo articolo è dedicato con infinita stima e tanto affetto a
 Livio Seguso