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sabato 2 maggio 2015

Maria Callas: una dea distrutta dall'amore

MARIA CALLAS E ARISTOTELE ONASSIS - 1961
«Aristo, amore mio, fa di me ciò che vuoi. Sono tua. La tua anima. Maria».
Una lettera d'amore struggente quella che Maria Callas scrisse da Parigi il 31 gennaio 1968 ad Aristotele Onassis, piena di speranza che il loro amore, nato nel 1957 e che mandò a monte il suo matrimonio con Giovanni Meneghini, durasse per sempre.
Ma la crudeltà degli uomini non risparmiò neppure la Divina.
Quell'amore la distrusse nell'anima e nel fisico.
La poverina apprese dalla televisione, pochi giorni dopo, che il suo Aristo avrebbe sposato un altro mito dell'epoca, Jacqueline Kennedy.
Per lei fu un colpo da cui mai si riprese.
Fece ancora una tournée con il tenore Giuseppe di Stefano in Giappone ma non era più la stessa, nonostante il suo pubblico la venerasse.
BRUNO TOSI
Da allora la solitudine nel suo ritiro di Parigi, inquieta fino alla disperazione, fino a lasciarsi morire, in un venerdì di settembre di quasi quarant'anni fa, nel 1977. 
Si racconta che sia stato un infarto a portarsela via o forse il dolore degli ultimi anni, terribili e colmati solo dalla solitudine e dalla tristezza.
La Callas è stata, è  e sarà per sempre una leggenda.
«Dalla ragazzetta greca bene in carne fino alla sottile musa dagli occhi grandissimi a dalla bocca sempre sottolineata da troppo rossetto» scriveva di lei Bruno Tosi, regista veneziano scomparso nel 2012 che la venerava e che era diventato il più grande collezionista dei suoi cimeli.
Tutta la vita di Maria era nelle sue mani.
ABITI DI SCENA DI MARIA CALLAS

Bruno aveva speso una fortuna per accaparrarsi ogni cosa che di lei andava nelle aste, ma era felice, perché così le sembrava di averla sempre vicino.
Spiegava con amore e tenerezza ogni abito, ogni lettera, ogni collana, raccontando infiniti aneddoti, ridendo e commuovendosi.
La accompagnò anche quando sparsero le sue ceneri nell'azzurro del mare greco, tornando così a casa sua, dopo una vita passata a girare per il mondo.
Mi disse che pianse quel giorno.
E non stento a crederlo, Bruno era un uomo che viveva di arte e di bellezza, sensibile e allegro, e aveva un grande, grandissimo cuore.
MARIA CALLAS CON L'ABITO
DELLA STILISTA BIKI
Bruno Tosi - che era presidente della Fondazione Callas -  inventò una mostra che ha girovagato nel mondo, per far ricordare a tutti un personaggio straordinario, irripetibile e indimenticabile.
Un florilegio di abiti, oggetti, fotografie e locandine che ne fanno un ritratto vero, di donna e di artista.
Dagli esordi veneziani che la vedono ventitreenne debuttare in Tristano e Isotta, poi bella paffutella in una gigantografia del '53, interprete della Traviata alla Fenice, fino all'abito in voile nero con spilla di brillanti, creato per lei dalla stilista Biki, il massimo del glamour, tanto che quella foto, dove Maria ha un vitino da 58 centimetri grazie ai quasi quaranta chili persi in meno di un anno, diventerà il logo della casa discografica Emi.
Vestiti di scena e non, tra cui la camicia da notte in voile giallo di Dior, ma anche scarpe, come i sandali creati per lei da Emilio Pucci nel '60 di perle e brillanti.
Gioielli, tra cui una montagna di perle, e oggetti particolari e curiosi, come l'allunga dita da guanti in argento o la bottiglia di champagne Maxime's per il suo camerino.
MARIA CALLAS NE "LA TRAVIATA"
CON IL VENTAGLIO IN MERLETTO DI BURANO
O ancora i ventagli in merletto di Burano per la Traviata alla Scala con la regia di Visconti e i tre in struzzo, nero, bianco e lilla, gli album personali dove raccoglieva tutti gli articoli che parlavano di lei e tantissime lettere.
Ma anche il suo certificato di nascita e il testamento del '54, la foto della festa di Elsa Maxwell all’hotel Danieli a Venezia, dove lei, bellissima in nero e con due fermagli di brillanti nei capelli, conobbe il suo Aristo.
E la voce unica e meravigliosa di Maria che ti sembra che canti in sottofondo ti dà un brivido e ti lascia senza fiato.
Pensi a lei, figlia di un emigrante greco divenuta la voce più celebre del mondo, un mito dell'universo dell'arte, ma anche a una donna innamorata e delusa, seppur fasciata in abiti da sogno, ingioiellata e venerata come una dea.