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domenica 11 giugno 2017

Il mio nuovo video su Gino Rossi


Gino Rossi è un pittore che amo moltissimo, sarà per la sua vita costellata di tragedie, sarà per la pietas che suscita la sua mente malata, sarà per i colori che usava, le linee morbide prima e poi via via sempre più tagliate con l'accetta.
Così ho fatto un video anche su di lui, con molte immagini, che trovate nel mio canale di YouTube a questo link:

sabato 7 marzo 2015

Gino Rossi: la figura leggendaria del pittore folle

GINO ROSSI - PAESAGGIO AD ASOLO - 1912
Colto, raffinato, portato per gli studi letterari, nato a Venezia nel 1884 da una famiglia originariamente ricca, Gino Rossi, per completare la sua cultura lascia la laguna e, nel 1907, parte per Parigi.
I colori e le forme delle opere di Paul Gauguin lo stordiscono.
Decide di andare in Bretagna, seguendo così le orme di quel che poi sarà il pittore di Tahiti.
Tornato a Venezia, oltre a tante idee ed emozioni, porta con sé anche la sifilide, cosa non rara in quei tempi, che con il passare degli anni gli causerà epilessia, disturbi visivi e grande sofferenza psicologica.
Il suo primo successo lo deve alla mostra di
Ca’ Pesaro, il museo di arte moderna della città lagunare: è il 1910 e dall’anno successivo andrà a vivere nell’isola di Burano, quasi una sorta di esilio volontario, forse per il suo carattere schivo e taciturno, per il suo spirito polemico e aristocratico.
GINO ROSSI - PRIMAVERA IN BRETAGNA, L'ALBERO
TREVISO, MUSEI CIVICI
E di quel periodo sono i quadri più belli - paesaggi di Burano, della Bretagna, di Asolo, del Montello -  dall’esuberanza innata, con colori luminosi capaci di ricreare il fascino di luoghi visti attraverso occhi diversi.
Semplificò le immagini senza insistere sui particolari, ma con l’albero, che ritornerà anche in molti altri dipinti, che sembra nascondere un’anima.
Nel 1909 dipinge la Fanciulla del fiore, che lui considera la sua “poesia più bella”.
GINO ROSSI - 1909
FANCIULLA DEL FIORE
E’ il suo capolavoro: una ragazza imbronciata, con le mani grandi, un’immagine austera, impenetrabile, con la bellezza dei due vasi di fiori, messi lì, proprio all’altezza del viso, esaltati dal blu, ripensando a Gauguin, alle sue campiture piatte e alle sue forme sigillate.
E’ il periodo in cui matura la sua poetica delle figure senza paesaggi e dei paesaggi senza figure, come la Testa di pescatore o Descrizione asolana.
Nel 1912 torna a Parigi, espone insieme a Modigliani, ma al suo ritorno una delusione d’amore terribile: la moglie, Bice Levi Minzi, anch’essa pittrice, lo abbandona per lo scultore Oreste Licudis.
Nel 1916 parte per la guerra, ne vede gli orrori e la violenza, va a finire in un campo di prigionia.

Quando torna, è sconvolto.
La sua anima, troppo sensibile, non regge il peso dell’infelicità: “Ho perduto tutto … dovrò curare la mia salute. Ho sofferto tanta fame … tutte le sofferenze morali” scrive in una lettera nel 1918.


GINO ROSSI  - 1924
NATURA MORTA CON BROCCA
Come era cambiato lui, così era cambiata la sua pittura, che vira verso il cubismo, guardando alla lucida lezione di Cezanne, con il colore fantastico che vuole trascendere la realtà invece di raffigurarla.
Ecco allora Fanciulla che legge, Testa di ragazza o Natura morta con brocca, dove l’idea cubista viene declinata mettendo gli oggetti poggiati sul tavolo – pipa, bicchiere, brocca, portafrutta, busta, bottiglia – nell’omogenea atmosfera tonale del blu.
GINO ROSSI - 1926
IL CORTILE DEL MANICOMIO

Ma la vita di Gino è ormai in discesa: viene ricoverato nel manicomio di sant’Artemio a Treviso.
E’ il 1926 quando dipinge il suo ultimo, drammatico, solitario, quadro: Il cortile del manicomio.
Un'opera dai colori scuri, tristi, freddi, lontana anni luce dai primi paesaggi solari e allegri della Bretagna.
In quel cortile, visto dalla finestra di una camera immaginiamo orribile, Gino lancia il suo grido contorto e disperato di dolore.
Passerà ancora più di vent’anni girovagando da un manicomio all’altro, senza più toccare pennello e colori.
Morirà il 16 dicembre del 1947.
E come per tanti artisti sfortunati in vita - e il parallelo con Vincent Van Gogh viene spontaneo - la critica capirà, post mortem, la sua grandezza e il suo  straordinario contributo al rinnovamento dell’arte italiana.


Sul mio canale YouTube trovate anche il video con molte altre immagini: