Visualizzazione post con etichetta COLLEZIONISMO. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta COLLEZIONISMO. Mostra tutti i post

domenica 25 gennaio 2015

Il Seicento: secolo d'oro dei collezionisti

JAN BRUEGEL - 1618 - LA VISTA - MADRID, MUSEO DEL PRADO
Prima di Italico Brass, l'ultimo vero collezionista di Venezia, furono innumerevoli coloro che amavano contornarsi di sculture, dipinti, mobili, medaglie e oggetti da wunderkammer.
Un patrimonio immenso di arte e storia che è confluito in parte nei musei cittadini e in buona parte è volato via, spalmandosi in giro per il mondo come bottino di guerra o venduto a nobili o nouveaux riches.
PAOLO VERONESE- MARTE E VENERE -
TORINO, GALLERIA SABAUDA
GIA' COLLEZIONE CRISTOFORO ORSETTI
Negli ultimi anni vari studiosi hanno reperito e rielaborato un migliaio tra documenti conosciuti e inediti, gettando nuova luce sul mercato dell'arte e sulle figure di collezionisti, di mercanti e intermediari.
La fetta più larga dei collezionisti era appannaggio dei patrizi, che facevano davvero la parte del leone, seguiti a ruota da mercanti e commercianti, mentre di davvero pochino potevano disporre i nuovi nobili di Candia, chiamati cosi con disprezzo per aver «acquistato» la nobiltà in cambio di aiuti economici durante la guerra contro i Turchi.

CIMA DA CONEGLIANO
MADONNA CON BAMBINO E SANTI
VENEZIA, GALLERIE DELL'ACCADEMIA
GIA' COLLEZIONE DAFIN
Prendendo in esame il Seicento, ossia il periodo d'oro delle quadrerie, ci si è accorti che le tipologie dei dipinti fossero cambiate rispetto al secolo precedente: più nature morte, più battaglie, scene di genere e paesaggi, anche se permangono sempre i ritratti, anche allegorici per auto-esaltarsi, e dipinti devozionali.

TINTORETTO - SAN GIORGIO E IL DRAGO
LONDRA, NATIONAL GALLERY
GIA' COLLEZIONE CORRER
Un lavoro enorme che ha preso forma spulciando inventari, testamenti, atti notarili e gli inventari degli artisti, ossia quello che rimaneva in bottega alla morte del maestro, e quelli delle famiglie patrizie.
Un fenomeno studiato a tutto tondo, per i tanti aspetti collegati all'arte vera e propria, come i meccanismi di mercato, le diverse tipologie di vendita e i tanti passaggi di proprietà partendo dalle menzioni delle fonti antiche per giungere alla loro ubicazione attuale.
Affascinante poi la metamorfosi che subiscono i palazzi per meglio accogliere dipinti e sculture.
D'altronde le collezioni d'arte erano il vero status symbol dell'epoca, insieme al palazzo, alla biblioteca - archivio e, perché no, alla tomba di famiglia.
Già, ma quanto valevano approssimativamente le collezioni veneziane?
Impossibile dirlo, ma per farsene almeno un'idea possiamo elaborare qualche confronto: il Buon samaritano di Jusepe de Ribera della collezione di Lorenzo Dolfin, nel 1655 era valutato mille ducati, vale a dire il corrispettivo dell'affitto annuo di tre palazzi sul Canal Grande, mentre il Perseo di Bernardo Strozzi della collezione di Giovan Donato Correggio nel 1646 era stimato 52 ducati, la stessa cifra del salario di un mese di lavoro di sei operai o denaro sufficiente a coprire le spese di sei mesi di vitto e servitù per un giovane patrizio.
BERNARDO STROZZI - SANTA CECILIA
BRNO, MORAVSKA GALERIE
GIA' COLLEZIONE PISANI
Non basta: il Battesimo di Cristo di Palma il Giovane della collezione di Cecilia Bragadin, valutato 200 ducati nel 1699, equivaleva al salario medio annuo di due maestri vetrai muranesi o a un centesimo di quanto perse Antonio Ottobon giocando per quasi vent'anni con un Savorgnan a bassetta, gioco di carte piuttosto rischioso, in cui quest'ultimo era evidentemente molto fortunato.