ALBERTO GIACOMETTI PAESAGGIO AD ACQUERELLO |
Per giungere alla distruzione della scultura, riducendola a una sagoma filiforme a cui aderiscono solo pochi residui di bronzo, come sgocciolature di cera, Alberto Giacometti, nato nel 1901, fece un percorso che lo vide protagonista fin dalla tenerissima età.
Un tragitto che parte dal figurativo per approdare al surrealismo.
I primi anni, quelli che vanno dal 1911 al 1929, riservano molte sorprese.
Insomma, un Giacometti quasi sconosciuto.
ALBERTO GIACOMETTI TESTA DEL FRATELLO DIEGO |
Dipinti che richiamano la gioia di vivere, l’intensa cromia dei sentimenti positivi, lontani anni luce dalle opere tarde dove il colore praticamente scompare.
Un passaggio comunque fondamentale, anche se lui stesso, nelle mostre che a lui saranno dedicate nel periodo d’oro del dopoguerra, tenderà a lasciare in disparte, forse anche per il suo essere così ipercritico verso sé stesso.
Ma è il Giacometti scultore agli esordi che stupisce.
La testa in bronzo del fratello Diego, plasmata in plastilina all’età di tredici anni e successivamente fusa nel metallo, riporta senza ombra di dubbio all’Académie, che frequentò a Parigi dal 1922 al 1927.
Sono quelli però gli anni della formazione.
ALBERTO GIACOMETTI - APOLLO |
Il Torso maschile del 1925 è una figura geometrica, post cubista, così come il Piccolo uomo accovacciato rimanda alle lastre piatte messicane, con la materia già abbozzata in quel «non finito» che sarà la sua firma virtuale, il suo segno specifico e irripetibile.
ALBERTO GIACOMETTI COPPIA |
Ecco allora la Coppia vista con uno sguardo africano, con l’occhio maschile reso uguale al sesso femminile così come il fallo dell’uomo diventa l’occhio della donna.
Ancora di ispirazione africana la Donna cucchiaio, dove ne enfatizza il ventre e il grande seno.
Era, in nuce, il concetto fondante del suo essere artista: il voler rappresentare quel che vedeva.
E nelle sculture degli esordi la sua visione è più globale, anche se la parte posteriore delle teste non è mai finita perché, diceva, non possiamo vedere il viso e contemporaneamente anche la nuca.
In quella visione entrano anche i vuoti, come nella Donna sdraiata che sogna, parte integrante e fondamentale, così come le linee ondulate e le barre che compongono altre figure.
E’ il 1929, sono le sue prime opere surrealiste, rivoluzionarie dal punto di vista formale, che gli doneranno i primi momenti di gloria.
Gloria che arriva poco dopo, contraendo la figura, riducendola a poco più di un filo che scomparirebbe, se non la trattenesse alla soglia del nulla, un ultimo, precario, residuo di materia.
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