mercoledì 6 maggio 2015

Sanremo si colora di rosa per il Giro d'Italia!

PANORAMICA DI SANREMO VISTA DAL MARE
Sanremo è la mia città, ci sono nata e vissuta, sono andata via ma poi ci sono tornata, non potevo starle lontano.
E’ la mia casa, le mie radici, la mia terra, la mia gente, la mia infanzia, la mia adolescenza, i miei ricordi, il mio liceo.
Insomma, la mia vita.
C’è il mare, di uno stupendo blu intenso che regala un senso infinito di libertà, ci sono fiori che fanno il mondo più bello, le palme, i ficus, le bouganville, i cactus alti decine di metri e le rose.
STATUA DELLA PRIMAVERA
SANREMO - PASSEGGIATA IMPERATRICE
E' una città colorata, dove l'inverno è una stagione che non mette  mai i brividi, anzi.
D'altronde è chiamata la città dei fiori.
Un  motivo ci sarà.
E quest’anno, per la seconda volta dopo il 1992, c’è un avvenimento speciale: la partenza del Giro d’Italia.
Sabato 9 maggio la partenza con la prima tappa di 17,6 chilometri a cronometro a squadre, da San Lorenzo al Mare sulla pista ciclabile per giungere in centro città, dove sono previste migliaia di persone.
E tutto si tinge di rosa, il colore storico della corsa: anche i palazzi, i monumenti, il porto, le vetrine dei negozi.
E’ molto kitch, dirà qualcuno.
Forse sì, ma spesso il kitch sublima nel meraviglioso, come in questo caso.
Passeggiando di sera, illuminata del colore più dolce che ci sia, ti sembra di ascoltare con gli occhi La vie en rose, e l’allegria ti acchiappa l’anima: lo Zampillo, la fontana della centralissima  piazza Colombo, la statua simbolo della Primavera, la fortezza di Santa Tecla al porto vecchio e il suo glorioso Casinò, datato 1905.
Tutto rosa, come in una fiaba.
SANREMO - CASINO' MUNICIPALE ILLUMINATO DI ROSA
Un evento sportivo che ha ormai 98 anni, che è nel cuore della gente, anche se il ciclismo ormai è diventato la fiera del doping e delle inchieste giudiziarie.
Sono lontani i tempi di Coppi e Bartali, di Merckx, di Pantani.
Ma è sempre una corsa affascinante, che gira il nostro paese in lungo e in largo, da nord a sud, facendo scoprire luoghi incantevoli spesso sconosciuti ai più.
SANREMO, FORTEZZA DI SANTA TECLA ILLUMINATA DI ROSA
E Sanremo è pronta ad accogliere il caos allegro e festoso di una festa popolare.
Ieri ho girato quattro ore in centro con Gloria, un’amica carissima, con cui ho un  feeling particolare .
E abbiamo capito, ancora una volta di più, che questa è una città che ama divertirsi, che ama i colori, le luci, i fuochi d’artificio, la natura, la gioia.
Ci sarà anche tanta confusione, ma chi ci fa caso se tutta la città si mobilita, si ingegna per far passare la crisi, si inventa modi nuovi e divertenti per far giocare i  bambini nelle piazze, se è piena di manifesti e di bandiere, rosa ovviamente.
SANREMO - VILLA NOBEL
Ed è anche un modo allegro per far conoscere che Sanremo non è solo la città del nostro amato Festival, di cui tutti parlano male ma poi tutti, anche se non lo dicono apertamente, lo guardano, almeno per poterlo criticare.
Sanremo ha arte e storia in ogni angolo: ha zone archeologiche perché era già famosa al tempo dei Romani per il suo particolare clima e le specialità naturali, come il commercio degli agrumi che dal Medio Evo in poi ebbe una vitalità eccezionale, ha un'enorme concentrazione di palazzi e ville Liberty meravigliose, come quella che fu di Alfredo Nobel, splendida, con ancora lo studio dove lavorò il grande scienziato con gli arredi originali e i suoi alambicchi, con un  bellissimo parco.
SANREMO - CHIESA RUSSA - PARTICOLARE
Ha una pista ciclabile lunga 25 chilometri nata sul vecchio tracciato della ferrovia a mare, dove i ciclisti si daranno battaglia  fino all’ultimo respiro.
E ancora la chiesa Russa più grande del mondo occidentale, perché qui soggiornarono molti membri dell'aristocrazia russa, prima fra tutti la zarina Maria Aleksandrova, moglie dello zar Nicola II, che nel 1874 donò le palme per ornare la passeggiata allora in costruzione, ancora oggi chiamata passeggiata Imperatrice.
Dopo la rivoluzione del 1917, ci fu una vera e propria diaspora dalla Russia di personaggi legati allo zar, che dalla loro gelida terra vennero qui per rinfrancare corpo e spirito, lasciando un ricordo perenne del loro passaggio.
LA FONTANA DELLO ZAMPILLO IN ROSA
Anche Elena, regina d'Italia era solita passare lunghi periodi in città, come del resto aveva fatto suo padre, il re del Montenegro Nicola I, che è sepolto nella chiesa russa insieme alla moglie Milena e le figlie Vjera e Ksenija.
E ancora le minuscole affascinanti stradine del centro storico, la Pigna, i grandi alberghi di metà Ottocento quando era considerata il giardino d’inverno dell’Europa, quando la Belle Epoque aveva qui il suo centro vitale e la città dei fiori era una tappa obbligata del Grand Tour.
Non sono pagata dall’Azienda del Turismo.
Amo la mia città.
SANREMO - CHITARRISTA IN ROSA
Anche se ha i suoi problemi, come tutte le città del mondo, è una città gioiosa e  con tanta voglia di vivere.
E in questi giorni ancora di più.
Quindi grazie al Giro d’Italia, che la fa vedere in una veste particolarissima e surreale, magica ed onirica.
Se tutto il mondo ogni tanto si colorasse di rosa, come ha fatto anche Londra per la nascita della royal baby, forse sarebbe un  mondo migliore.
E ne avremmo tanto bisogno.
Bisogno di un momento per guardare al futuro con più ottimismo, con maggior allegria, accantonando per un attimo tutti i problemi creati da chi sta più in alto di me e di tutti voi.
E qui si sorride, perché sorridere, è la miglior medicina per trovare in noi stessi la forza e la caparbietà per lottare e per andare avanti.
Qualcuno si chiederà il perché di questo articolo.
La risposta è semplice: perché Sanremo è Sanremo!

sabato 2 maggio 2015

Maria Callas: una dea distrutta dall'amore

MARIA CALLAS E ARISTOTELE ONASSIS - 1961
«Aristo, amore mio, fa di me ciò che vuoi. Sono tua. La tua anima. Maria».
Una lettera d'amore struggente quella che Maria Callas scrisse da Parigi il 31 gennaio 1968 ad Aristotele Onassis, piena di speranza che il loro amore, nato nel 1957 e che mandò a monte il suo matrimonio con Giovanni Meneghini, durasse per sempre.
Ma la crudeltà degli uomini non risparmiò neppure la Divina.
Quell'amore la distrusse nell'anima e nel fisico.
La poverina apprese dalla televisione, pochi giorni dopo, che il suo Aristo avrebbe sposato un altro mito dell'epoca, Jacqueline Kennedy.
Per lei fu un colpo da cui mai si riprese.
Fece ancora una tournée con il tenore Giuseppe di Stefano in Giappone ma non era più la stessa, nonostante il suo pubblico la venerasse.
BRUNO TOSI
Da allora la solitudine nel suo ritiro di Parigi, inquieta fino alla disperazione, fino a lasciarsi morire, in un venerdì di settembre di quasi quarant'anni fa, nel 1977. 
Si racconta che sia stato un infarto a portarsela via o forse il dolore degli ultimi anni, terribili e colmati solo dalla solitudine e dalla tristezza.
La Callas è stata, è  e sarà per sempre una leggenda.
«Dalla ragazzetta greca bene in carne fino alla sottile musa dagli occhi grandissimi a dalla bocca sempre sottolineata da troppo rossetto» scriveva di lei Bruno Tosi, regista veneziano scomparso nel 2012 che la venerava e che era diventato il più grande collezionista dei suoi cimeli.
Tutta la vita di Maria era nelle sue mani.
ABITI DI SCENA DI MARIA CALLAS

Bruno aveva speso una fortuna per accaparrarsi ogni cosa che di lei andava nelle aste, ma era felice, perché così le sembrava di averla sempre vicino.
Spiegava con amore e tenerezza ogni abito, ogni lettera, ogni collana, raccontando infiniti aneddoti, ridendo e commuovendosi.
La accompagnò anche quando sparsero le sue ceneri nell'azzurro del mare greco, tornando così a casa sua, dopo una vita passata a girare per il mondo.
Mi disse che pianse quel giorno.
E non stento a crederlo, Bruno era un uomo che viveva di arte e di bellezza, sensibile e allegro, e aveva un grande, grandissimo cuore.
MARIA CALLAS CON L'ABITO
DELLA STILISTA BIKI
Bruno Tosi - che era presidente della Fondazione Callas -  inventò una mostra che ha girovagato nel mondo, per far ricordare a tutti un personaggio straordinario, irripetibile e indimenticabile.
Un florilegio di abiti, oggetti, fotografie e locandine che ne fanno un ritratto vero, di donna e di artista.
Dagli esordi veneziani che la vedono ventitreenne debuttare in Tristano e Isotta, poi bella paffutella in una gigantografia del '53, interprete della Traviata alla Fenice, fino all'abito in voile nero con spilla di brillanti, creato per lei dalla stilista Biki, il massimo del glamour, tanto che quella foto, dove Maria ha un vitino da 58 centimetri grazie ai quasi quaranta chili persi in meno di un anno, diventerà il logo della casa discografica Emi.
Vestiti di scena e non, tra cui la camicia da notte in voile giallo di Dior, ma anche scarpe, come i sandali creati per lei da Emilio Pucci nel '60 di perle e brillanti.
Gioielli, tra cui una montagna di perle, e oggetti particolari e curiosi, come l'allunga dita da guanti in argento o la bottiglia di champagne Maxime's per il suo camerino.
MARIA CALLAS NE "LA TRAVIATA"
CON IL VENTAGLIO IN MERLETTO DI BURANO
O ancora i ventagli in merletto di Burano per la Traviata alla Scala con la regia di Visconti e i tre in struzzo, nero, bianco e lilla, gli album personali dove raccoglieva tutti gli articoli che parlavano di lei e tantissime lettere.
Ma anche il suo certificato di nascita e il testamento del '54, la foto della festa di Elsa Maxwell all’hotel Danieli a Venezia, dove lei, bellissima in nero e con due fermagli di brillanti nei capelli, conobbe il suo Aristo.
E la voce unica e meravigliosa di Maria che ti sembra che canti in sottofondo ti dà un brivido e ti lascia senza fiato.
Pensi a lei, figlia di un emigrante greco divenuta la voce più celebre del mondo, un mito dell'universo dell'arte, ma anche a una donna innamorata e delusa, seppur fasciata in abiti da sogno, ingioiellata e venerata come una dea.

giovedì 16 aprile 2015

Ma scrivere è davvero un mestiere?

Miei cari, voglio parlarvi un po’ di me, d’altronde chi mi conosce sa che sono abbastanza egocentrica e narcisista, quindi questo articolo ci sta.
Spesso ho avuto crisi di identità.
Intendo che spessissimo mi sentivo un’aliena.
Mi spiego.
Vedevo persone con professioni ben definite, e alcune anche molto ben pagate, e mi chiedevo perché loro sì e io no.
Ho scritto molti libri, ho scritto tanti anni sui giornali, ho scritto un’infinità di perizie su quadri e sculture.
Quindi sono ben conscia che il mio mestiere è SCRIVERE.
L'ho sempre fatto, fin da bambina.
Ho un'immagine piantata nella testa: io a otto anni, con i codini che avevo perennemente, che vado in cucina a chiedere a mia mamma qualche nome in spagnolo per i protagonisti di un "romanzo" che avevo appena iniziato a scrivere (mai finito).
Era una storia intricata, che si svolgeva su un vascello che navigava al largo della Spagna.
Mi ero fatta anche regalare  un grosso libro sulle imbarcazioni da cui avevo preso i dettagli  del "mio" vascello per riuscire ad ambientare meglio il tutto.
Già allora ero metodica e precisa, cercavo anche di avere una bella grafia, come mia mamma, ma la sua era stupenda e perfettamente leggibile, la mia, pur molto scenografica, no.
Anzi, le mie lettere sembrano geroglifici. 
Di nuovo io che scrivevo favole e racconti irreali, che poi spiegavo alle mie amichette mentre eravamo sedute nel bagagliaio della macchina di papà, sempre io al liceo che scrivevo poesie senza rima su un grosso quaderno con la copertina bianca di pelle con una rosellina incisa in oro.
Erano i primi segni reali e tangibili di un amore che non mi ha mai abbandonato, fedele, creativo, capace di farmi vivere in un'altra dimensione.
E ho sempre pensato che da grande avrei fatto quello.
E il perché è molto semplice: mi piaceva e mi veniva naturale. 
Non potevo immaginare , bimba innocente e ingenua, che quello non sarebbe mai stato considerato un vero lavoro.
Il mio primo serio lavoro di scrittura lo feci con la tesi di laurea, che come scrisse Umberto Eco, è come il primo amore, non si scorda mai.
Una monografia su uno stuccatore, Marcello Sparzo, vissuto tra '500 e '600 e praticamente sconosciuto al mondo,   con circa cinquecento diapositive (su ognuna avevo scritto il luogo e il numero di inventario con i trasferelli) scattate in giro per l'Italia con papà assunto come fotografo.
Trecento pagine scritte a macchina, rilegate in similpelle blu.
Ciclicamente mi viene in mente di riprenderla in mano e sistemarla, aggiornarla e pubblicarla, poi mi passa. 
E ora mi chiedo: scrivere è una professione?
Per professione intendo dire un mestiere riconosciuto e pagato. Ho qualche dubbio.
Funziona solo se sei assunto a tempo indeterminato da un giornale o scrivi best-seller. Altrimenti non conti.
La battuta è vecchia ma efficace: ma tu, oltre a scrivere, che lavoro fai?
Nessuno. Scrivo, rispondo sempre laconicamente.
Tempo fa, pensai di scrivere sui giornali on-line.
Andai su internet, mi guardai un po’ in giro, poi trovai alcuni siti che cercavano SCRITTORI e GIORNALISTI.
Perfetto, pensai felice, è fatta!
Seguite bene: mando una mail all’UNICO sito che non scrive piccolo piccolo in fondo (come le polizze di assicurazioni o le banche) che le collaborazioni SONO GRATUITE E NON VERRANNO RETRIBUITE.
Da notare che cercavano laureati e giornalisti iscritti all’Ordine, quindi avevo tutte le carte in regola.
Dopo due giorni mi risponde un tale, che si dice felice di conoscermi, che bel curriculum che hai, che brava che sei, quante cose hai scritto ecc. ecc.
Ma, in fondo alla  mail c’era scritto anche che i miei articoli sarebbero stati pagati 0,1 centesimo di euro ogni 10 parole.
La mia risposta ve la evito.
Ritorno seria. In tanti anni di esperienza, ho capito una cosa.
Molte persone credono che scrivere sia solo una PASSIONE.
Certo che lo è, però è anche CAPACITA' e senza di quella si potrebbe solo copiare l’elenco telefonico o, ancora peggio, copiare quel che han scritto altri.
Una passione/capacità fatta anche di stanchezza, di mal di testa, di panico da foglio bianco, di schiena che scricchiola a forza di stare seduti per ore in posizioni sbagliate.

E quando per quella passione passi giornate e notte intere con carta e penna o su una tastiera (io ho cominciato a martoriarmi i polpastrelli con la Olivetti Lettera 22 e con decine di fogli accartocciati nel cestino), ti aspetti anche qualcosa di concreto in cambio.
Forse tanti non sanno quanta fatica c’è dietro quel foglio di carta.
Ci sono anni di studi, che come gli esami non finiscono mai, di ricerca su tonnellate di libri, di giornate intere passate in biblioteca a volte invano senza trovare niente di utile, di spaccamenti di cervello per inventarsi qualcosa di geniale e inedito, di personalissimo e folgorante.
Morale della storia: non sono mai diventata ricca.
Però mi arrabbio e mi avvilisco, perché SCRIVERE non è solo un batter di tasti frenetico, non è solo riempire pagine e pagine di blocchi o di quaderni con appunti che trovi sulla scrivania, dentro le tasche o nei posti più disparati, è un mestiere difficile.
Bisogna buttarci dentro tutto quel che hai, senza riserve: anima, corpo, cervello, cuore, fantasia e conoscenza.
E forse, uno sforzo così, andrebbe gratificato.
Tutti i mestieri vengono pagati il giusto, tranne questo.
Ma non parlo solo per me.
CON IL PROFESSOR PIERANGELO BELTRAMINO
CHE PRESENTA UN MIO LIBRO
SANREMO, BIBLIOTECA CIVICA, 18 GIUGNO 2010
Parlo anche a nome di quelle persone che dedicano la loro intera vita a studiare, a scoprire, a pubblicare, ai ricercatori, a chi lavora nelle università, con stipendi da fame, vivendo con sacrifici immensi la quotidianità.
Parlo di ragazzi geniali che non possono andar via dalla casa di mamma e papà perché non riescono con la loro grande passione a mantenersi, ragazzi con il futuro spezzato già prima di nascere.
Perché se è vero che il denaro è lo sterco del diavolo, è però necessario per non sentirsi indegni nella società, anche se per questa ormai valgono più i naufraghi sconosciuti di chi fa davvero cultura, di chi fa conoscere la storia, la letteratura, di chi fa amare le meraviglie di questo straordinario paese che è l’Italia, di chi fa pensare e fa sognare le persone.
Eppure, continuo come Don Chisciotte contro i mulini a vento, a volte un po' delusa, a volte piena di entusiasmo.
Ma non mollo, anche se il mio mestiere non è codificato e non ho uno zio ricco d’America che mi lascerà miliardi.
 
p.s. con 0,1 centesimo di euro ogni 10 parole, scrivendo questo articolo avrei guadagnato 1 euro e 7 centesimi...

Questo articolo è dedicato con affetto a
TUTTI I MIEI LETTORI