mercoledì 31 dicembre 2014

Ma la lussuria è davvero un vizio?

LUSSURIA - 1593
CESARE RIPA - ICONOLOGIA
«Lussuria è un ardente e sfrenato appetito della concupiscenza carnale senza osservanza di legge, di natura, né rispetto d’ordine o di sesso.
Si rappresenta quasi ignuda, perché è proprio della lussuria il dissipare e distruggere non solo i beni dell'animo, ma anche i beni di fortuna che sono danari, gioie, possessioni e giumenti»: così scriveva nel 1593 Cesare Ripa nella sua Iconologia riferendosi ad uno dei vizi più condannati in assoluto.
La lussuria come lusso della carne, un tempo privilegio di classe riservato ai potenti e negato al popolino, cui era anzi additata come vizio capitale.
Una passione ad uso sregolato del piacere dunque, e partendo da questa premessa sembra di capire che i ragionamenti debbano andare in un'unica direzione.
Mai fidarsi della prima impressione, però.
Ma si può prendere un'altra strada, cercando di sfatare un concetto di cui tutti eravamo certi.
Il Cristianesimo non è sessuofobico, potrebbe affermare più d'uno.
Oibò, sorpresa.
E nella mente di molti passano le immagini di papi e preti vari che si scagliano nella lotta all’eros come gladiatori nell’arena.
MARC CHAGALL - 1974
CANTICO DEI CANTICI
Tant’è.
Nel Cantico dei Cantici si racconta che il piacere sessuale serve a far capire quale può essere il piacere dell’anima quando incontra Dio.
Piacere dell’anima intensissimo, evidentemente.
Basta guardare l’estasi di Santa Teresa o di Ludovica Albertoni di Gian Lorenzo Bernini per capirlo: due mistiche che scrissero brani di alto erotismo per descrivere l’incontro col divino.
Va da sé ipotizzare che il buon Bernini per fissare l’attimo fuggente si sia ispirato a «quel momento» che profuma più di eros che di spirituale...
Ma lussuria può voler dire tutto e il contrario di tutto.
Una poltrona in pelle passata a cera e poi col latte per renderla morbidissima, un cognac d’annata e una scatola di sigari cubani mantenuti ad umidità costante: anche questa è lussuria, secondo qualche aristocratico signore.
O ancora, l’uscire da un mare trasparente, farsi infilare l’accappatoio dal maggiordomo e bersi qualcosa di fresco e profumato, lì, sulla spiaggia deserta, mentre tutta l’Italia è schiacciata ad uso sardina tra ombrelloni e sdraio.
GARDONE RIVIERA - VITTORIALE
CAMERA DA LETTO DI GABRIELE D'ANNUNZIO
Opinioni.
Ma lussuria è anche D’Annunzio che narra la magia da incantamento dell’alcova, con il suo erotismo raffinato che fa da contro-altare al torso nudo di Mussolini in mezzo ai campi di grano.
Sono Paolo e Francesca, all’Inferno dantesco è vero, ma con il più bel verso d’amore: La bocca mi baciò tutto tremante.

DANTE GABRIEL ROSSETTI - 1855
PAOLO E FRANCESCA
LONDRA,TATE GALLERY


Sarà anche negativa, ma mai è stata contemplata nel codice penale e, forse in un raptus di genialità, si può trovare il bandolo della matassa: la lussuria non è vizio ma è una forma di talento.             
Tempo fa ho sentito da quella straordinaria donna che è Pamela Villoresi, un accorato invito a seguire le proprie passioni: «Le persone che vivono solo murate nella testa sono sfortunate perché non sanno più annusare un fiore, godersi una bella mangiata o un vero momento di passione».
Allora è vero che si può vivere di pulsioni.
O forse si deve...
 
BUON ANNO E DIVERTITEVI!


lunedì 29 dicembre 2014

Il giovane surrealista Giacometti

 
ALBERTO GIACOMETTI
PAESAGGIO AD ACQUERELLO
Per giungere alla distruzione della scultura, riducendola a una sagoma filiforme a cui aderiscono solo pochi residui di bronzo, come sgocciolature di cera, Alberto Giacometti, nato nel 1901, fece un percorso che lo vide protagonista fin dalla tenerissima età.
Un tragitto che parte dal figurativo per approdare al surrealismo.
I primi anni, quelli che vanno dal 1911 al 1929, riservano molte sorprese.
Insomma, un Giacometti quasi sconosciuto.
ALBERTO GIACOMETTI
TESTA DEL FRATELLO DIEGO
Impressionisti sembrano infatti i primi acquerelli, dipinti quando Alberto aveva appena dieci anni, che trasudano dell’arte del padre Giovanni all’epoca famoso pittore, con varie immagini, dai paesaggi dell’elvetica Val Bregaglia dove nacque, ai ritratti di familiari e amici, a nature morte.
Dipinti che richiamano la gioia di vivere, l’intensa cromia dei sentimenti positivi, lontani anni luce dalle opere tarde dove il colore praticamente scompare.
Un passaggio comunque fondamentale, anche se lui stesso, nelle mostre che a lui saranno dedicate nel periodo d’oro del dopoguerra, tenderà a lasciare in disparte, forse anche per il suo essere così ipercritico verso sé stesso.
Ma è il Giacometti scultore agli esordi che stupisce.
La testa in bronzo del fratello Diego, plasmata in plastilina all’età di tredici anni e successivamente fusa nel metallo, riporta senza ombra di dubbio all’Académie, che frequentò a Parigi dal 1922 al 1927.
Sono quelli però gli anni della formazione.
ALBERTO GIACOMETTI - APOLLO
Il giovane Alberto passa intere giornate al Louvre, si  incanta davanti alle sculture cicladiche e africane, e se è uno tra gli ultimi a studiare quelle del continente nero, sarà uno dei primi ad interessarsi della scultura oceanica e messicana che lasceranno tracce indelebili.
Il Torso maschile del 1925 è una figura geometrica, post cubista, così come il Piccolo uomo accovacciato rimanda alle lastre piatte messicane, con la materia già abbozzata in quel «non finito» che sarà la sua firma virtuale, il suo segno specifico e irripetibile.
ALBERTO GIACOMETTI
COPPIA
E’ il pensiero del rapporto uomo/donna ad intrigarlo, che più avanti cederà il passo all’idea della morte.
Ecco allora la Coppia vista con uno sguardo africano, con l’occhio maschile reso uguale al sesso femminile così come il fallo dell’uomo diventa l’occhio della donna.
Ancora di ispirazione africana la Donna cucchiaio, dove ne enfatizza il ventre e il grande seno.
Era, in nuce, il concetto fondante del suo essere artista: il voler rappresentare quel che vedeva.
E nelle sculture degli esordi la sua visione è più globale, anche se la parte posteriore delle teste non è mai finita perché, diceva, non possiamo vedere il viso e contemporaneamente anche la nuca.
ALBERTO GIACOMETTI - DONNA SDRAIATA CHE SOGNA


 In quella visione entrano anche i vuoti, come nella Donna sdraiata che sogna, parte integrante e fondamentale, così come le linee ondulate e le barre che compongono altre figure.
E’ il 1929, sono le sue prime opere surrealiste, rivoluzionarie dal punto di vista formale, che gli doneranno i primi momenti di gloria.
Gloria che arriva poco dopo, contraendo la figura, riducendola a poco più di un filo che scomparirebbe, se non la trattenesse alla soglia del nulla, un ultimo, precario, residuo di materia.

mercoledì 24 dicembre 2014

L'otium è una virtù tutta da scoprire

BERTHE MORISOT - DONNA SDRAIATA - 1879
Un godurioso e lento modus vivendi, questo per i latini era l’otium, condizione tutta umana dalla connotazione assolutamente positiva, lontana anni luce da quell’ozio che entrerà a far parte della schiera dei vizi peggiori.
L’ozio è il padre di tutti i vizi, frase mitica sibilata fra i denti da ogni genitore ad ogni figlio per lo più adolescente mollemente accasciato sul divano a guardare inebetito la televisione, magari con le cuffiette in testa per ascoltare anche la musica.
Eppure l’ozio ha avuto la sua rivincita, la parola è stata rivalutata in un neanche tanto lungo processo filologico che ha portato al rimescolamento delle carte, dandone ormai una valenza positiva, tanto che spuntano libelli e manuali per l’uso dell’ozio quale alleato a renderci migliore la vita.
E lo si potrebbe fare partendo dalla concezione storica e non solo latina dell’ozio, specialmente visto come droit à la dimanche, frase simbolo della rivendicazione operaia di fine ’800.
La liberazione dall’obbligo quotidiano dunque, quel trovare un angolo tutto per sé, ritagliarsi uno spazio in cui il cervello possa rielaborare situazioni e ricordi.
L’ex vizio è una bellissima cosa e che si potrebbe ritrarre con un vestito pieno di veli e fluttuante, libero e danzante.
Già nel 1935 Bertrand Russell  L'elogio dell'ozio, testo fondamentale, di cui consiglio un'attenta lettura.
Ne cito un pezzettino: "In un mondo invece dove nessuno sia costretto a lavorare più di quattro ore al giorno, ogni persona dotata di curiosità scientifica potrebbe indulgervi. ogni pittore potrebbe dipingere senza morire di fame, i giovani scrittori non sarebbero costretti ad attirare su se stessi l’attenzione con romanzacci sensazionali per procurarsi l’indipendenza necessaria alla produzione di opere geniali.
Soprattutto ci sarebbe nel mondo molta gioia di vivere invece di nervi a pezzi, stanchezza e dispepsia. Il lavoro richiesto a ciascuno sarebbe sufficiente per farci apprezzare il tempo libero, e non tanto pesante da esaurirci.
E non essendo esausti, non ci limiteremmo a svaghi passivi e vacui".
ISAAC NEWTON
LITOGRAFIA XIX SECOLO
Bisogna però anche ragionare sulla differenziazione tra ricchi e poveri. 
Già, perché per oziare al meglio servono tanti soldi, anche se è doveroso anche aggiungere che imparare ad oziare è molto difficile, molto più facile è semplicemente il perder tempo, cosa questa, che tutti possono fare.
«Dal vuoto nasce meglio la capacità di vivere» disse il buon Newton, che nulla facendo sotto un albero, scoprì il senso della forza di gravità per la botta presa dalla mela che gli cadde sulla testa.
Beato l’otium creativo allora, quel dolce e adorabile far niente colmo di ricchezza interiore e avulso dagli stress quotidiani, in quel cercare il Paradiso in terra, tralasciando che a fianco c’è anche l’Inferno.
 
BUON  NATALE E NON FATE NIENTE, SE POTETE!