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domenica 5 ottobre 2014

La guerra, vinta, di Tiziano

TIZIANO - APOLLO E MARSIA
Ha ormai quasi novantanni, eppure il grande vecchio della pittura italiana riesce a dare il meglio di sé. L’ultima opera, la Pietà, non riesce neanche a finirla - ci penserà poi Palma il Giovane a farlo, dipingendo gli angeli reggicero – perché la peste se lo porta via.
Ma cosa ha lasciato Tiziano in eredità che così tanto ci emoziona?
Provate a fare un gioco, una sorta di guerra surreale con protagonisti il Disegno, il Tempo e il Colore.
Pensate di trovare davanti a voi una grande tela, con un poveretto – scoprirete poi che si chiamava Marsia, che perse una gara di flauto con Apollo e che subì una punizione simile a un sacrificio umano – contorto dal dolore mentre lo stanno scuoiando.
Fermatevi, non potete fare altro.
Un groppo in gola e un aggrovigliamento di stomaco ve lo impediscono.
Siete spettatori privilegiati di un conflitto dal sapore rivoluzionario, di una lotta fra titani decisa da quel divin pittore che scese dai monti del Cadore per cambiare il corso della storia della pittura.
Ascoltate le voci di quella pittura.
Sentirete un fragore, urla, strepiti, come nel bel mezzo di una battaglia.

Un miscuglio di colori urlanti vi appare sullo sfondo, mentre lacca rossa, biacca, nero e le tinte dell’incarnato delle figure di destra – un satiro, un bambino, un cane – si sciolgono mescolandosi indissolubilmente fra di loro, come nel velo di Apollo che sta a sinistra – azzurro polvere, viola, lacca rossa – o nel corpo martoriato di Marsia – rosso, verde, grigio, beige – che troneggia disperatamente al centro.

TIZIANO - TARQUINIO E LUCREZIA
È lì, il momento topico, la madre di tutte le battaglie. 
Il Disegno, che ha cercato disperatamente di difendersi con tutte le sue forze che lo davano da sempre come il principale e indispensabile ingrediente della pittura, ormai privo di forze, soccombe, steso dal Colore che a sua volta ingaggia un’altra terribile battaglia contro qualcosa di assolutamente ineffabile: il Tempo.
Guardate e ascoltate.
L’un contro l’altro armati ecco il duello all’ultimo sangue tra un grande vecchio, forte della sua genialità, e il secolo d’oro della pittura, che gli sta così stretto da soffocarlo.
Ed eccolo Tiziano, ormai stanco, malato e con la vista malandata, sconfiggere il Tempo e catapultarsi tre secoli in avanti.

Par quasi di vederlo, col suo pastrano antico, la sua barba lunga, il suo sguardo fiero e indagatore, aggirarsi per Montmartre, guardare quei giovani dai nomi strani che si facevano chiamare Impressionisti.

TIZIANO - PIETA'
Chiudete gli occhi.
Immaginatelo, mentre rivendica con orgoglio la paternità di quel nuovo modo di far pittura lontano dalla prassi accademica, di quelle pennellate sfatte, di quel colore steso con le dita, di quei colori mischiati.
Immaginatelo che racconta a uno dei tanti bohémien che si credono innovatori, come si inventò quella biacca mescolata all’arancio, al nero e al blu per dare una forma alla disperazione tutta umana della Maddalena nella Pietà, o quelle labbra rosse di Maria, così sfatte per le troppe lacrime che solo una madre sa versare per il proprio figlio o le macchie con cui magicamente insieme aveva formato il corpo morto di Cristo.
O ancora come riuscì, lottando a mani nude contro i margini ben delineati, a dare così forza a Tarquinio, vestito di arancio, lacche, biacca, nero e marrone mentre pugnala una terrorizzata Lucrezia, col colore candido della veste che si scioglie nella carne tremante, quasi fosse una ballerina di Degas impegnata nella tragica danza della Morte.
E ora rilassatevi, la guerra è finita, vinta da un uomo vecchio, che con il pensiero già toccava la morte, con la sola arma del suo Colore, trapassando il Tempo e il Disegno con la spada della sua imperitura gloria.