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venerdì 3 ottobre 2014

Il Teatro dell'Opera di Roma simbolo dello sfacelo italiano

La notizia è di quelle terribili: il Cda del teatro dell'Opera di Roma ha fatto fuori orchestra e coro: 182 persone licenziate.
Il maestro Riccardo Muti lo aveva forse intuito e se n'è andato sbattendo la porta.
Dice il soprintendente Carlo Fuortes che è una decisione presa per "far rinascere il teatro". 
Poi assicura che dal 1° gennaio si potrà ricominciare, in modo diverso, con un altro contratto, magari con gli stessi musicisti e coristi che dovranno giocoforza diventare indipendenti, ma intanto si sono risparmiati 3,4 milioni di euro.
E questo in una nazione, l'Italia, che è sempre stata la prima in campo musicale, che ha un passato glorioso, che è simbolo stesso dell'opera lirica.
La stessa nazione che paga il primo violino - che ha studiato una vita, che passa intere giornate ad esercitarsi, che deve avere una sensibilità particolare e un gran talento - 2.500 euro al mese e lascia poi stipendi o pensioni d'oro a chi  non ha nemmeno la più pallida idea di cosa voglia dire lavorare davvero, ovvero fare fatica per portare a casa pochi soldi che magari neanche bastano per una vita decorosa.
Personalmente non ci sto che si lascino andare in rovina la cultura, l'arte, la musica, i teatri, i siti archeologici, la scuola, le università, la ricerca e lotterò con tutte le mie forze per oppormi a questa sciagurata politica  
La fotografia che ho scelto è del teatro di Roma vuoto.
Dio non voglia che sia la fotografia del futuro di tutti gli altri teatri italiani.
O, ancora peggio, della cultura tutta.
Perché a quel punto, sarebbe la fine, la morte cerebrale dell'Italia, e non solo.