Spesso ho avuto crisi di identità.
Intendo che spessissimo mi sentivo un’aliena.
Mi spiego.
Vedevo persone con professioni ben definite, e alcune anche molto ben pagate, e mi chiedevo perché loro sì e io no.
Ho scritto molti libri, ho scritto tanti anni sui giornali, ho scritto un’infinità di perizie su quadri e sculture.
Quindi sono ben conscia che il mio mestiere è SCRIVERE.
L'ho sempre fatto, fin da bambina.
Ho un'immagine piantata nella testa: io a otto anni, con i codini che avevo perennemente, che vado in cucina a chiedere a mia mamma qualche nome in spagnolo per i protagonisti di un "romanzo" che avevo appena iniziato a scrivere (mai finito).
Era una storia intricata, che si svolgeva su un vascello che navigava al largo della Spagna.
Mi ero fatta anche regalare un grosso libro sulle imbarcazioni da cui avevo preso i dettagli del "mio" vascello per riuscire ad ambientare meglio il tutto.

Anzi, le mie lettere sembrano geroglifici.
Di nuovo io che scrivevo favole e racconti irreali, che poi spiegavo alle mie amichette mentre eravamo sedute nel bagagliaio della macchina di papà, sempre io al liceo che scrivevo poesie senza rima su un grosso quaderno con la copertina bianca di pelle con una rosellina incisa in oro.
Erano i primi segni reali e tangibili di un amore che non mi ha mai abbandonato, fedele, creativo, capace di farmi vivere in un'altra dimensione.
E ho sempre pensato che da grande avrei fatto quello.
E il perché è molto semplice: mi piaceva e mi veniva naturale.
Non potevo immaginare , bimba innocente e ingenua, che quello non sarebbe mai stato considerato un vero lavoro.
Il mio primo serio lavoro di scrittura lo feci con la tesi di laurea, che come scrisse Umberto Eco, è come il primo amore, non si scorda mai.
Una monografia su uno stuccatore, Marcello Sparzo, vissuto tra '500 e '600 e praticamente sconosciuto al mondo, con circa cinquecento diapositive (su ognuna avevo scritto il luogo e il numero di inventario con i trasferelli) scattate in giro per l'Italia con papà assunto come fotografo.
Trecento pagine scritte a macchina, rilegate in similpelle blu.
Ciclicamente mi viene in mente di riprenderla in mano e sistemarla, aggiornarla e pubblicarla, poi mi passa.
E ora mi chiedo: scrivere è una professione?
Per professione intendo dire un mestiere riconosciuto e pagato. Ho qualche dubbio.
Per professione intendo dire un mestiere riconosciuto e pagato. Ho qualche dubbio.
Funziona solo se sei assunto a tempo indeterminato da un giornale o scrivi best-seller. Altrimenti non conti.
La battuta è vecchia ma efficace: ma tu, oltre a scrivere, che lavoro fai?
Nessuno. Scrivo, rispondo sempre laconicamente.
La battuta è vecchia ma efficace: ma tu, oltre a scrivere, che lavoro fai?
Nessuno. Scrivo, rispondo sempre laconicamente.
Tempo fa, pensai di scrivere sui giornali on-line.
Ma, in fondo alla mail c’era scritto anche che i miei articoli sarebbero stati pagati 0,1 centesimo di euro ogni 10 parole.
E quando per quella passione passi giornate e notte intere con carta e penna o su una tastiera (io ho cominciato a martoriarmi i polpastrelli con la Olivetti Lettera 22 e con decine di fogli accartocciati nel cestino), ti aspetti anche qualcosa di concreto in cambio.
Parlo anche a nome di quelle persone che dedicano la loro intera vita a studiare, a scoprire, a pubblicare, ai ricercatori, a chi lavora nelle università, con stipendi da fame, vivendo con sacrifici immensi la quotidianità.
Questo articolo è dedicato con affetto a
Andai su internet, mi guardai un po’ in giro, poi trovai alcuni siti che cercavano SCRITTORI e GIORNALISTI.
Seguite bene: mando una mail all’UNICO sito che non scrive piccolo piccolo in fondo (come le polizze di assicurazioni o le banche) che le collaborazioni SONO GRATUITE E NON VERRANNO RETRIBUITE.
Da notare che cercavano laureati e giornalisti iscritti all’Ordine, quindi avevo tutte le carte in regola.
Dopo due giorni mi risponde un tale, che si dice felice di conoscermi, che bel curriculum che hai, che brava che sei, quante cose hai scritto ecc. ecc.

La mia risposta ve la evito.
Ritorno seria. In tanti anni di esperienza, ho capito una cosa.
Molte persone credono che scrivere sia solo una PASSIONE.
Certo che lo è, però è anche CAPACITA' e senza di quella si potrebbe solo copiare l’elenco telefonico o, ancora peggio, copiare quel che han scritto altri.
Una passione/capacità fatta anche di stanchezza, di mal di testa, di panico da foglio bianco, di schiena che scricchiola a forza di stare seduti per ore in posizioni sbagliate.

Forse tanti non sanno quanta fatica c’è dietro quel foglio di carta.
Ci sono anni di studi, che come gli esami non finiscono mai, di ricerca su tonnellate di libri, di giornate intere passate in biblioteca a volte invano senza trovare niente di utile, di spaccamenti di cervello per inventarsi qualcosa di geniale e inedito, di personalissimo e folgorante.
Morale della storia: non sono mai diventata ricca.
Però mi arrabbio e mi avvilisco, perché SCRIVERE non è solo un batter di tasti frenetico, non è solo riempire pagine e pagine di blocchi o di quaderni con appunti che trovi sulla scrivania, dentro le tasche o nei posti più disparati, è un mestiere difficile.
Bisogna buttarci dentro tutto quel che hai, senza riserve: anima, corpo, cervello, cuore, fantasia e conoscenza.
E forse, uno sforzo così, andrebbe gratificato.
Tutti i mestieri vengono pagati il giusto, tranne questo.
Tutti i mestieri vengono pagati il giusto, tranne questo.
Ma non parlo solo per me.
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CON IL PROFESSOR PIERANGELO BELTRAMINO CHE PRESENTA UN MIO LIBRO SANREMO, BIBLIOTECA CIVICA, 18 GIUGNO 2010 |
Parlo di ragazzi geniali che non possono andar via dalla casa di mamma e papà perché non riescono con la loro grande passione a mantenersi, ragazzi con il futuro spezzato già prima di nascere.
Perché se è vero che il denaro è lo sterco del diavolo, è però necessario per non sentirsi indegni nella società, anche se per questa ormai valgono più i naufraghi sconosciuti di chi fa davvero cultura, di chi fa conoscere la storia, la letteratura, di chi fa amare le meraviglie di questo straordinario paese che è l’Italia, di chi fa pensare e fa sognare le persone.
Eppure, continuo come Don Chisciotte contro i mulini a vento, a volte un po' delusa, a volte piena di entusiasmo.
Ma non mollo, anche se il mio mestiere non è codificato e non ho uno zio ricco d’America che mi lascerà miliardi.
p.s. con 0,1 centesimo di euro ogni 10 parole, scrivendo questo articolo avrei guadagnato 1 euro e 7 centesimi...
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