Visualizzazione post con etichetta PAESAGGI. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta PAESAGGI. Mostra tutti i post

mercoledì 8 ottobre 2014

Klimt inaspettato

 
CASE A UNTERACH SULL'ATTERSEE - 1916
Da lui non te lo aspetti.
Da lui ti aspetti donne sensuali e scandalosamente erotiche, sempre più forti, indipendenti e libere in un mondo troppo maschile.
Ti aspetti la luce spezzettata in mille colori o i bagliori d’oro e d’argento.
Ma la Natura, no, quella non te la aspetti proprio.
Un altro Klimt, quasi inaspettato, che dipinge paesaggi rigorosamente quadrati, come volesse dire che non vanno in nessuna direzione particolare e che sono chiusi in una forma perfetta, dove nessun lato prevarica l’altro.
Oppure, con un aura più pessimista, la sua visione quadrata della natura può portare a pensare che in quel non andare in nessuna direzione ci fosse la consapevolezza del non vedere alcuna via d’uscita, al pari di Van Gogh, alla soluzione del significato della vita o all’insopportabile pesantezza dell’essere.
CAMPO DI PAPAVERI - 1907
Paesaggi con una vegetazione lussureggiante che ispirano a prima vista pace e serenità, con nulla e nessuno che disturba quel momento interiore, nessun gesto, nessun movimento visibile e più che altro con nessuna figura umana.
Quella sì, rovinerebbe l’attimo perfetto.
La natura che si erge a dea, forse intesa come dea madre creatrice dell’intero universo, all’apparenza lontana anni luce dai suoi dipinti più famosi diventati icona dell’Art Nouveau.
Il bisogno di un sogno, forte più della realtà che ci stritola come un boa, come solo un pensiero onirico può essere.
Ed eccolo Klimt, negli ultimi anni della sua vita: pare di vederlo, quando era in vacanza sull’Attersee, che solitario usciva di casa, faceva schizzi en plein air, come gli impressionisti, e poi, quando tornava, completava quel che aveva disegnato in studio, magari aiutandosi con le fotografie, come tanti suoi colleghi dell’epoca.
ORTO CON POLLI - 1916
Ma era in un altro mondo rispetto al passato, direi in un’altra dimensione spazio/temporale: nei suoi dipinti pieni zeppi di simboli il paesaggio non aveva posto, non svolgeva nessun ruolo, neanche di contorno, perché gli sfondi di quei dipinti erano mosaici lavorati con colori, oro e argento che diventavano soggetto e non erano più solo mero ornamento.
Ora invece, una nuova linfa interiore, un bisogno di calma lontano dagli affanni tutti umani, fa sì che laghi, monti e paesi diventino i protagonisti.
Un bisogno di tranquillità che solo la Natura può regalare, come fa una mamma, senza volere nulla in cambio.
Una tranquillità tangibile nell’assenza di tempo, nell’assenza di spazio, nella non energia che emanano, nella fissità dell’immagine che pare un particolare ripreso con un tele-obbiettivo: una visione troppo lontana per essere vissuta realmente.
IL MELO II - 1916
Paesaggi raffinati ma, ça va sans dire, simbolici.
Non poteva essere altrimenti.
Gli alberi solitari, pacifici e sottili, metafora della solitudine cosmica e aristocratica dell’uomo, eppure così diversi dagli olivi o dai cipressi di Van Gogh, contorti e disperati, immersi in una natura impazzita di colori e di segni.
Un'altra visione della vita, anzi, forse della solitudine.