Jacopo Robusti detto Tintoretto con Marten de Vos - La creazione degli animali - Venezia, Gallerie dell'Accademia |
Però. La differenza stilistica tra il primo e gli altri due è assolutamente evidente, quasi che Jacopo per creare una tassonomia di questo genere, una sequela di animali per lo più marini, si fosse sdoppiato, vestendo i panni di un fiammingo schizofrenico e maniacale.
E se fosse? Per Augusto
Gentili, docente di storia dell’arte a Ca’ Foscari, è plausibile, anzi
assolutamente verosimile.
E ha trovato anche il nome
di quella che potrebbe essere la seconda anima di Tintoretto: Marten de Vos,
pittore che da Anversa soggiorna a Venezia e lavora nella bottega di Jacopo tra
il 1552 e il 1558. Giusto il periodo in cui la Scuola della Trinità, scomparsa
per volere napoleonico e già nel 1630 trasferita per far posto al cantiere
della Salute, commissiona al pittore le tele relative alla Genesi.
Però. Tre tele di questo argomento, ora perdute e di
cui si ha notizia solo per via documentaria, erano già state commissionate al
de Vos sempre dalla stessa scuola.
E Gentili afferma così che il dipinto,
tradizionalmente attribuito al solo Jacopo, è in realtà un’opera a due mani.
Abitudine peraltro consolidata in un ambiente in cui le commesse erano così
tante ed importanti che l’aiuto della bottega era non solo fondamentale ma
insostituibile.
La figura di Dio, un vecchio dalla lunga barba in una
posa “volante”, è sicuramente creatura del grande veneziano, mentre la parte
ordinata degli animali tipicamente fiamminga è di mano del de Vos. E le due
firme saltano ancor di più agli occhi confrontando il primo dipinto con gli altri
due, dove l’orizzonte è chiuso e non aperto all’infinito come nella creazione
degli animali.
De Vos era uno specialista e Jacopo lo vuole con sé
per affrontare un tema particolare come quello degli animali e della
spazialità.
E’ comunque il maestro che decide sia l’impostazione
del dipinto che la sua iconografia, in questo caso un po’ inconsueta e
fortemente nutrita di cultura. Jacopo infatti trae ispirazione iconografica da
un testo, il Genesi, che Pietro Aretino scrisse nel 1538 e nel quale faceva
riferimento all’elencazione di animali e soprattutto di pesci.
Non solo. Jacopo si rivolge all’Aretino anche per
l’iconografia del peccato originale, dove è evidente il ruolo primario di Eva,
logico vista la fonte.
In un brano il buon Pietro, da vero misogino qual era,
afferma che la colpa può essere solo delle femmine, data la loro leggerezza e
la loro facilità a farsi concupire, sì che il demonio ci mette poco a
convincerle perché non ragionano a lungo…