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martedì 2 settembre 2014

Un fiammingo con Tintoretto


Jacopo Robusti detto Tintoretto con Marten de Vos - La creazione degli animali - Venezia, Gallerie dell'Accademia
La creazione degli animali, il peccato originale e Caino e Abele: il colpo d’occhio per chi si affaccia nella sala delle Gallerie dell’Accademia di Venezia nel vedere insieme i tre dipinti del Tintoretto non è da poco.
Però. La differenza stilistica tra il primo e gli altri due è assolutamente evidente, quasi che Jacopo per creare una tassonomia di questo genere, una sequela di animali per lo più marini, si fosse sdoppiato, vestendo i panni di un fiammingo schizofrenico e maniacale.
E se fosse? Per Augusto Gentili, docente di storia dell’arte a Ca’ Foscari, è plausibile, anzi assolutamente verosimile.
E ha trovato anche il nome di quella che potrebbe essere la seconda anima di Tintoretto: Marten de Vos, pittore che da Anversa soggiorna a Venezia e lavora nella bottega di Jacopo tra il 1552 e il 1558. Giusto il periodo in cui la Scuola della Trinità, scomparsa per volere napoleonico e già nel 1630 trasferita per far posto al cantiere della Salute, commissiona al pittore le tele relative alla Genesi.
Però. Tre tele di questo argomento, ora perdute e di cui si ha notizia solo per via documentaria, erano già state commissionate al de Vos sempre dalla stessa scuola.
E Gentili afferma così che il dipinto, tradizionalmente attribuito al solo Jacopo, è in realtà un’opera a due mani. Abitudine peraltro consolidata in un ambiente in cui le commesse erano così tante ed importanti che l’aiuto della bottega era non solo fondamentale ma insostituibile.
La figura di Dio, un vecchio dalla lunga barba in una posa “volante”, è sicuramente creatura del grande veneziano, mentre la parte ordinata degli animali tipicamente fiamminga è di mano del de Vos. E le due firme saltano ancor di più agli occhi confrontando il primo dipinto con gli altri due, dove l’orizzonte è chiuso e non aperto all’infinito come nella creazione degli animali.
De Vos era uno specialista e Jacopo lo vuole con sé per affrontare un tema particolare come quello degli animali e della spazialità.
E’ comunque il maestro che decide sia l’impostazione del dipinto che la sua iconografia, in questo caso un po’ inconsueta e fortemente nutrita di cultura. Jacopo infatti trae ispirazione iconografica da un testo, il Genesi, che Pietro Aretino scrisse nel 1538 e nel quale faceva riferimento all’elencazione di animali e soprattutto di pesci.
Non solo. Jacopo si rivolge all’Aretino anche per l’iconografia del peccato originale, dove è evidente il ruolo primario di Eva, logico vista la fonte.
In un brano il buon Pietro, da vero misogino qual era, afferma che la colpa può essere solo delle femmine, data la loro leggerezza e la loro facilità a farsi concupire, sì che il demonio ci mette poco a convincerle perché non ragionano a lungo…