domenica 7 settembre 2014

Michelangelo: l'autorità del genio

MICHELANGELO - GIUDIZIO UNIVERSALE - 1536/41
CITTA' DEL VATICANO, CAPPELLA SISTINA
Con il Giudizio Universale, Michelangelo era intervenuto con l’autorità del genio nel problema più scottante del tempo, sostenendo la tesi cattolica della responsabilità contro quella protestante della predestinazione.
Iniziato nel 1536 e terminato nel 1541 nella parete di fondo della Cappella Sistina per volere di Papa Paolo III, il dies Irae che evoca, rompendo con la tradizione iconografica, è ben lontano dai Giudizi dei maestri del passato con le loro schiere di Santi ordinate intorno a Cristo con a debita distanza i dannati che discendono alla loro destinazione infernale.
Dio giudice, nudo, atletico, senza alcuno degli attributi tradizionali di Cristo, è l’immagine della suprema giustizia, che neppure la pietà e la misericordia, rappresentata dalla Madonna implorante, può temperare.
Michelangelo concepisce la composizione come una massa di figure rotanti intorno a Cristo che emerge isolato in un nimbo di luce. Santi e Martiri sono in alto, alcuni dannati invece lottano invano per sfuggire alla stretta dei diavoli, altri si pigiano sulla barca di Caronte, altri ancora si gettano sgomenti nel gorgo e sulla sponda li attende Minosse.
In alto, nelle lunette, angeli recano i simboli della Passione, quasi invocando vendetta.
Lo sgomento invade anche i beati: la giustizia divina è diversa da quella umana, solo Dio ne conosce i motivi e ne è arbitro, come nella grazia.
PARTICOLARE CON SAN BARTOLOMEO

E anche Michelangelo stesso vuole essere in quella bolgia di corpi, a metà tra i beati e i dannati.
E si ritrae, allucinato e spaventoso, nella pelle scuoiata di san Bartolomeo, che scivola verso il basso.
Un’opera meravigliosa, che rivela tutta la maestria michelangiolesca nel disegno del corpo umano colto da qualsiasi punto e angolatura, con giovani atleti dai muscoli mirabili che si snodano e si piegano nelle più svariate direzioni.
E non vi è dubbio che molte idee che avrebbero potuto esprimersi nel marmo di Carrara si affollavano nella sua mente mentre dipingeva.
Poi sopravvenne il clima della Controriforma e la preoccupazione delle gerarchie vaticane di allontanare da Roma le accuse di paganesimo.
Fu così che Daniele da Volterrra, un discepolo di Michelangelo, poco dopo la morte del maestro, nel gennaio del 1564 fu incaricato di coprire con panneggi dipinti a tempera le nudità più vistose: su dieci figure gli indumenti già esistenti furono ampliati, su altri venticinque furono dipinti di sana pianta.
E il povero Daniele ci guadagnò il soprannome di Braghettone. 

2 commenti:

  1. Nella Cappella Sistina affrescata da Michelangelo, speculare all'Innalzamento del serpente di rame, da parte di Mosè, dove ci si aspetterebbe la crocifissione di Gesù, vi è invece dipinta la crocifissione di Aman, primo ministro persiano che voleva uccidere gli ebrei e poi a morire sarà lui. (cfr. Libro di Ester). Abbiamo una promessa sotto forma di minaccia. Aman protagonista negativo del carnevale ebraico, negli affreschi di Michelangelo assomiglia al Gesù giudice del Giudizio Universale. Ma in questo caso la somiglianza a cui si alluderebbe non sarebbe fisica ma funzionale. Michelangelo, in un fantastico viaggio nel tempo, avrebbe visto la morte di Gesù in croce, mentre assumeva anche il ruolo di Aman. In un carnevale si perde la cognizione di quello che si fa. "Padre perdonali, perché non sanno quello che fanno" (Lc 23,34). Gesù amando tutti sarebbe sceso il più in basso possibile per non tralasciare nessuno. Cfr. ebook/book. Tre uomini un volto: Gesù, Leonardo e Michelangelo. Grazie.

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  2. Come ho già detto in un altro commento su un mio articolo inerente Caravaggio, questo è un sito di informazione per tutti, quindi non posso entrare in simili dettagli che ai più apparirebbero complicati e inopportuni. Comunque la ringrazio per le sue acute precisazioni, per avermi letto e la invito a continuare a seguirmi. Cordialmente Alessandra

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